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"Licenziato dalla Cgil con il Jobs Act". L'ex portavoce mette in imbarazzo Landini

Massimo Gibelli, ex portavoce del segretario generale del sindacato, punta il dito contro l'incoerenza rispetto alle battaglie mediatiche: "Quelle leggi furono fortemente contestate". Ma Landini smentisce: "Il licenziamento con il Jobs Act non c'entra assolutamente nulla"

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Tra il dire e il fare c'è di mezzo l'incoerenza. Spesso si portano avanti battaglie mediatiche che però alla prova dei fatti vengono messe nel cassetto e, nella peggiore delle ipotesi, addirittura si agisce in senso diametralmente opposto rispetto allo spirito partigiano a favore di telecamere. Titoli sparati sui giornali, post sui social, toni da alfieri. E poi... In queste ore sta facendo discutere la denuncia arrivata da Massimo Gibelli, ex portavoce del segretario generale della Confederazione generale italiana del lavoro, la cui carica è stata soppressa con una contraddittorietà eloquente e che indubbiamente pone dei quesiti di fondo a cui bisogna rispondere per fare chiarezza.

Gibelli è intervenuto in prima persona sulle colonne dell'Huffington Post, ricostruendo la propria esperienza e fornendo il suo punto di vista su quanto accaduto nei mesi scorsi. Innanzitutto ha voluto fare una premessa, tenendo a sottolineare di non essere venuto meno ai suoi doveri di lavoratore né di lealtà nei confronti della Cgil. In sostanza nulla che potesse compromettere il rapporto di fiducia. Eppure qualcosa non va per il verso giusto: nel 2021 attraverso una lettera viene comunicato che la segreteria generale della Confederazione generale italiana del lavoro, nell'ambito di una razionalizzazione e riorganizzazione delle attività del Centro Confederale, ha deliberato la soppressione della funzione del portavoce del segretario generale. Nella missiva Gibelli viene ringraziato per il contributo apportato e per l'incarico ricoperto negli anni.

"Mi resi immediatamente disponibile ad essere utilizzato in altro incarico, in qualunque posizione e struttura l'organizzazione ritenesse proficuo utilizzare le mie competenze", spiega. Dopo due anni, al termine del Congresso e dell'elezione della nuova segreteria, decide di scrivere una mail al segretario organizzativo per ricordare di essere privo di incarichi e compiti da un biennio. Ed è l'occasione anche per ribadire di essere a totale disposizione per "essere utilizzato ovunque si renda possibile, utile e necessario". Si arriva al 4 luglio. Viene convocato dal segretario organizzativo e nel colloquio si palesa ciò che non avrebbe voluto mai ascoltare: "Mi viene comunicato il 'licenziamento per giustificato motivo oggettivo' e consegnata la lettera raccomandata a mano". Il 4 luglio 2023 è da considerare il suo ultimo giorno di lavoro.

Il licenziamento è stato impugnato e al momento sono in corso tutte le conseguenti procedure del caso. Ma nel frattempo non può passare inosservato un dettaglio di assoluto rilievo ed è stato lo stesso Gibelli a togliersi qualche sassolino dalla scarpa, sottolineando tra l'altro che il diritto del lavoro è materia complessa e mutevole alla luce anche del sovrapporsi di innumerevoli leggi e riforme: "Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo è previsto dall'articolo 3 della legge n. 604 del 1966, più volte modificato nel corso degli anni, in ultimo dalla riforma Fornero del 2012 e nel 2015 dal Jobs Act di Renzi. Leggi che furono fortemente contestate dal sindacato". È davvero così? Se tutto fosse confermato la domanda sorgerebbe spontanea: è la stessa Cgil che ora si batte contro il Jobs Act proponendo addirittura un referendum per la revoca del provvedimento?

Gibelli ha infine messo in evidenza il suo curriculum, elencando una serie di incarichi ricoperti nel corso della propria esperienza professionale e di battaglie. Nel 1983 è assunto come addetto stampa socialista nella Cgil piemontese guidata da Fausto Bertinotti; poi capo ufficio stampa nella Cgil di Pizzinato e di Ottaviano del Turco; portavoce di Sergio Cofferati; alla guida della comunicazione con la segreteria di Susanna Camusso. "Quarant’anni passati in un sindacato da cui ho avuto molto e a cui, spero, di aver lasciato qualcosa", dichiara con un certo senso di malinconia.

Tuttavia dal suo canto Landini ha effettuato una precisazione importante, ponendo l'attenzione sul fatto che la Cgil ha proceduto a una sua riorganizzazione interna e la scelta che è stata fatta è quella di non avere più la figura del portavoce: "Nella riorganizzazione questo è un lusso che non possiamo più permetterci. Non a caso io non ho più nessun portavoce, quindi abbiamo semplicemente fatto una riorganizzazione che va in questa direzione, né più né meno".

Inoltre ha smentito le voci sul paventato ricorso al Jobs Act: "Il licenziamento con il Jobs Act non c'entra assolutamente nulla, lui era assunto dal 2012".

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