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Lite tra Repubblica e Meloni. E Molinari impazzisce: "Come le autocrazie"

Scontro a distanza tra il premier e il quotidiano sulle privatizzazioni e la Fiat. La leader Fdi: "Non prendo lezioni di italianità". Il direttore: "Poco rispetto "

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Duro scontro tra Giorgia Meloni e Repubblica per colpa, se così si può dire, dell’intervista rilasciata dal premier a Quarta Repubblica. Ai microfoni di Nicola Porro, la leader di FdI ha replicato alle accuse di “svendere l’Italia” avanzate dal quotidiano scatenando così la reazione del direttore Maurizio Molinari.

Andiamo con ordine. E partiamo dalle privatizzazioni annunciate dal Mes: il governo spera di incassare 20 miliardi di euro in tre anni e vuole farlo “con serietà”, cedendo “quote di società pubbliche senza compromettere il controllo pubblico”. Nella testa del premier, lo Stato dovrebbe rinunciare solo a quote di minoranza, senza intaccare la governance, ma da qualche giorno Repubblica cavalca la polemica politica sull'“Italia in vendita”. Meloni però non intende prendere “lezioni di italianità” dal “giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat per cederla ai francesi, hanno trasferito all’estero sede legale e sede fiscale, hanno messo in vendita i siti delle nostre storiche aziende italiane”. Il riferimento alla famiglia Agnelli-Elkann, proprietaria sia di Stellantis che del gruppo Gedi, non è neppure velato.

Dopo la messa in onda dell’intervista, Maurizio Molinari ha risposto con un editoriale e un video. Il direttore di Repubblica denuncia il tentativo di “irridere” e “delegittimare” la “nostra voce” facendo leva sulle scelte dei proprietari di Gedi. “Metodo e merito di queste affermazioni pubbliche - spiega Molinari, buttandola un tantino sul tragico - descrivono una carenza di rispetto e comprensione per la libertà di informazione dunque chiamano in causa l’ottemperanza da parte della presidente del Consiglio per un principio tutelato dalla Costituzione repubblicana, da cui dipende il corretto funzionamento della vita democratica”.

Molinari è sicuro che quelle poche parole di Meloni significhino “non rispettare la libertà di informare”, “ignorare i fondamenti della libertà del giornalismo” e “non considerare il confronto di opinioni” un elemento fondante “della vita democratica”. Addirittura, Meloni starebbe ripetendo "comportamenti di leader di autocrazie dove non c’è rispetto per la libertà di informare”.

Il direttore esagera, si spera, per sfruttare l’occasione e vendere qualche copia in più. Perché parlare di “aggressione” per una banale critica da parte di un premier, quando i giornali sono pieni di affondi quotidiani ai politici, pare un tantino esagerato. Se non addirittura ipocrita. Meloni non ha tentato di chiudere con la forza la redazione o di cacciarne i giornalisti, come fanno i regimi. Ha solo avanzato una critica, dura, ma che rientra nel gioco delle parti: io colpisco te, tu colpisci me.

E se Molinari pensa davvero che il voto di giugno si giocherà sul tema della libertà di informazione “vero spartiacque fra democrazia e populismo”, allora ha ragione il direttore Alessandro Sallusti. Che, ospite di Quarta Repubblica, ha commentato così l’intemerata del collega: “È una supercazzola, con scappellamento a destra.

Non prendiamoci in giro…”.

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