Politica

Maestro mestatore, serve più coraggio

Preferite Sal­lusti libero e una stampa asservita o Sal­lusti in galera e una stampa libera? Non ho dubbi: stampa libe­ra

Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti
Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti

Ieri su La Repubblica , Francesco Merlo, prima firma del quotidiano, mi ha dato, tra l’altro, del «mestatore incallito». Che facciamo? Querelo, così lui e il direttore Ezio Mauro vanno in carcere per diffamazio­ne aggravata e gratuita? Non ci penso neppu­re, purtroppo. Sono fatto così, la mia libertà di giudizio non è superiore a quella degli altri, per cui mi tengo stretta la prima e subisco la se­conda. Ma non è questa la questione centrale dell’articolo del collega maestro mestatore Merlo sui pericoli che la toppa sia molto peg­gio del buco. Lui (come Filippo Facci su Libe­ro ) pone una domanda seria: preferite voi Sal­lusti libero e una stampa asservita oppure Sal­lusti in galera e una stampa libera? Io al posto di Merlo non avrei alcun dubbio: stampa libe­ra, e lo invito a battersi fino alla morte perché la legge liberticida (in discussione al Senato) che dovrebbe salvarmi dal gabbio non veda mai la luce. Parliamo di un mostro giuridico che nulla ha a che fare con la tutela della digni­tà delle persone, diversamente da quella (abortita) sulle intercettazioni che, in sintesi, avrebbe giustamente vietato la pubblicazio­ne di conversazioni private che nulla avevano a che fare con fatti criminosi (lo prevede la Co­stituzione).

A differenza di Merlo,non mi stupisce l’inet­titudine­e la vendicativa piccineria dei senato­ri che stanno lavorando alla salva Sallusti. Ba­sta dire che sono capitanati da Gerardo D’Am­brosio, l’ex pm di Mani pulite che dopo aver ar­restato (a volte anche ingiustamente, come hanno poi confermato alcune sentenze) mez­za classe politica, ne ha preso il posto facendo­si eleggere nella Casta ( assieme al suo amico e collega Di Pietro) nei Ds ex Pci. Cosa che urla vendetta e che può capitare soltanto nella pa­lude italiana.

Ma, caro collega mestatore, prendersela con gente così è tempo perso oltre che inutile. Come cantava Guccini, per la nostra rabbia enorme ci servono giganti, non mezze figure. E allora perché non avere il coraggio, e l’onestà, di dire che i colpevoli di questo pasticcio non sono i peones del Parlamento ma il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il primo ministro Mario Monti, la mini­stra della Giustizia Severino e i tuoi ami­ci magistrati. I primi tre perché si rifiuta­no di varare un semplice decreto legge, due righe che dicano: per i reati di opi­nione non è previsto il carcere. I terzi perché autori materiali della porcata di cui stiamo parlando.

Già, caro collega mestatore, perché spero che almeno a te, uomo del mestie­re, non sfugga che io non andrò in carce­re per diffamazione, cosa non possibile in quanto non ho un carico penale prece­dente. Ci andrò perché un giudice di Corte d'Appello, persona che per defini­zione dovrebbe essere serena ed equili­brata, mi ha affibbiato la pena accesso­ria di uomo socialmente pericoloso. Co­sa confermata, nonostante il parere con­trario non dei miei difensori ma della pubblica accusa, da un altro giudice (si fa per dire) della Cassazione.

Capisci, collega mestatore, che di fronte a tale follia non c’è legge, vecchia o nuova, che tenga. Ti consoli il fatto che il rischio gabbio non riguarda la catego­ria ma solo me, in quanto non allineato nella difesa a oltranza e a prescindere dall’operato delle Procure, contro le quali in effetti ne ho scritte di cotte e di crude (ma molto meno di quanto tu ab­bia scritto su Berlusconi e il centrode­stra, tanto per dare un metro di parago­ne). Onestamente, sinceramente, te lo vedi un magistrato tanto coraggioso da spedire in galera per omesso controllo, in una delle tante cause di diffamazione che ha perso e perderà, il tuo direttore Ezio Mauro? O quello del Corriere Fer­ruccio De Bortoli? Non scherziamo, an­che se entrambi, in punta di numero di condanne amministrative, sono peggio messi di me fosse solo per via dell’anzia­nità di servizio.

Sai che c'è, collega mestatore? Che non so tu, ma io continuerò a mestare, se per questo intendiamo battersi al po­sto del silente Napolitano, capo comuni­sta­di magistrati che sono spesso stati co­munisti, per smascherare e chiedere di cacciare giudici indegni di ricoprire quel ruolo (se la galera, le radiazioni e le pene pecuniarie devono valere per i gior­nalisti che sbagliano non vedo perché per loro no). E continuerò a mestare, al posto dell’altrettanto silente duo Monti­Severino, perché questo Paese diventi più libero, non solo ma anche per quan­to riguarda i reati di opinione.

Ecco, tutto questo, collega mestatore, manca dalla tua analisi, non so se per di­strazione o per mancanza di coraggio. Perché diciamocelo: non c'è legge, né magistrato, che possa renderci liberi di dire la nostra o censurarci. Di che parlia­mo? La libertà o ce l’hai dentro, galera o non galera, o amen. I parlamentari poi non ci devono fare alcuna paura. Li ho già diffidati ad agire in nome e per conto mio. Sono ottimista, non perché so che mi ascolteranno ma in quanto li ritengo incapaci, in generale ma in questo mo­mento di fine impero in particolare, di fa­re­una legge in breve tempo senza infilar­si in pasticci grotteschi.

Comunque, col­lega mestatore, vigila.

Non si sa mai.

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