Politica

Monti, l'unico leader che in tv perde voti

C'è un detto milanese che, tradotto in italiano, diventa banale ma esprime una verità disarmante: «Ciascuno faccia il suo mestiere». Mario Monti, pur essendo di Varese, città a due passi dal capoluogo lombardo, non ne ha fatto tesoro e ora paga dazio, ma non se ne rende conto. Gli è bastato soggiornare tredici mesi a Palazzo Chigi per dimenticare le proprie origini di docente, e convincersi di essere uno statista di tale livello da potersi mangiare in un sol boccone - forse perché bocconiano - tutti i politici italiani, considerandoli, non a torto, dei ciarlatani.
Cosicché, salito (...)

(...) in politica, probabilmente incoraggiato dagli elogi tributatigli dalla stampa col birignao, ha tradito la tipica spocchia di chi soffre di un complesso di superiorità, fratello minorato del complesso di inferiorità. Risultato, un disastro. Abituatosi rapidamente ai salamelecchi, e persuaso che fossero meritati, quindi sinceri, ha affrontato la battaglia elettorale con le mani in tasca, sicuro di sbaragliare gli avversari: io sono un gigante e voi dei poveri pigmei.
Egli infatti ha trattato Renato Brunetta non per ciò che è, ma per quanto è alto, con una battuta più da banco bar che da cattedra. Sorvoliamo su questo imbarazzante dettaglio, e veniamo alle sue comparsate televisive. Fino a quindici giorni fa, egli davanti alle telecamere assumeva atteggiamenti professorali. Parlava ore, spaccando il capello in quattro, e nessuno osava interromperlo. Domande? Neanche per sogno. Solo monologhi, i suoi, stucchevoli eppure bevuti dall'uditorio quale scienza infusa. Vigliacco se qualcuno gli facesse notare, per esempio, il miserando fallimento del governo tecnico (dimostrato da ogni indicatore economico, incluso lo spread, diminuito grazie a Mario Draghi).
Ciò deve avergli fatto pensare di essere un fuoriclasse, pronto a fare la parte del leone anche nei panni (altro che loden) del comiziante. Non si è accorto che un conto è venir nominato premier dal capo dello Stato, un altro è conquistare i voti per entrare a Palazzo Chigi sulla spinta della volontà popolare. Due cose molto diverse. Diciamo che Monti ha preso sottogamba la questione e ora, quando è invitato nello studio di un'antenna, non ha cambiato stile rispetto al tempo in cui tutti pendevano dalle sue labbra, ed è incline a concionare, a impartire lezioni agli intervistatori, incurante delle loro interrogazioni.
Non accetta obiezioni. Le respinge con fastidio, come fossero impertinenti interruzioni. Crede di sedere in un'aula universitaria, padrone di casa, gli studenti zitti e adoranti. Il professore discetta, argomenta, espone e spiega ma non risponde a un solo quesito posto dal giornalista che ha di fronte a sé. Eludere è la sua specialità. L'impressione è che valuti sciocco chiunque gli rivolga la parola. Figuriamoci quanto si appassionino ai suoi soliloqui i telespettatori. Chi non sbadiglia, chi non si addormenta, chi è talmente stordito da non avere la forza nemmeno di azionare il telecomando onde cercare un canale più interessante, viene pervaso da un sentimento di antipatia se non di repulsione.
Venerdì sera, a Otto e mezzo, il programma condotto da Lilli Gruber, è andata in onda una tragicommedia. La giornalista, palesando una certa disponibilità d'animo nei confronti di Monti, ha tentato in tutti i modi di stimolare l'ospite con interventi appropriati. Sforzi vani. Lui ha proseguito imperterrito a predicare come fosse sul pulpito: ignorando le legittime curiosità di Lilli, aggirando le sue domande o rimandando le risposte a momenti più propizi. La signora Gruber appariva sconcertata, ma non si è persa d'animo (lei è brava). Lui, invece, qualche migliaio di voti li ha persi di sicuro. Non c'è nulla di più irritante, in tivù, di uno che non metta chi ascolta a proprio agio. La politica è un'altra cosa.
P.S.: ieri nel mio articolo su Pier Ferdinando Casini è misteriosamente entrata una parentesi (aperta e non chiusa) che ha reso pressoché incomprensibile un intero periodo. Me ne scuso coi lettori.

segue a pagina 6

di Vittorio Feltri

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