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Nel testamento di Ruini la "scomunica" a Martini

Il cardinale prende le distanze dall’alter ego da poco deceduto. Alle "zone grigie" e al dubbio contrappone la ragione, sufficiente ad avvicinare l’uomo a Dio

Nel testamento di Ruini la "scomunica" a Martini

A pochi giorni dalla morte del cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano e biblista di grido il quale secondo quanto sostiene lo scrittore cattolico Vittorio Messori «ha scandagliato a tal punto, metodo storico critico alla mano, la Scrittura da non poter più credere al Gesù storico, il Gesù dei Vangeli, bensì soltanto e unicamente e non senza intimo dramma in un indefinito Cristo della fede», è colui che per molti osservatori è considerato in suo alter ego all'interno della Chiesa italiana, e cioè il cardinale Camillo Ruini, a sostenere in un libro che altro non è che il suo profondo e pensato testamento spirituale, che la Chiesa in cui invece egli è nato e cresciuto è un'altra. Beninteso, Ruini non cita mai direttamente Martini. Ma è evidente che è alle «zone grigie», la fede del dubbio e dell'incertezza, la fede delle «zone d'ombra» che Martini ha proposto nei suoi anni di predicazione, che Ruini contrappone la sua fede, quella della certezza che davvero il Gesù dei Vangeli è il Gesù storico, il Gesù realmente esistito, il Figlio di Dio a cui ancora oggi i fedeli possono affidarsi e riferirsi.

Gesù, e la fede in lui come persona realmente esistita e non come modello ideale a cui adeguare la propria condotta morale, è il cuore del pontificato di Joseph Ratzinger che, non a caso, a Gesù di Nazareth «così come i Vangeli ce l'hanno consegnato» ha dedicato due volumi, mentre un terzo è in imminente uscita. Due volumi la cui introduzione dice volutamente che occorre credere che il Gesù dei Vangeli è il Gesù realmente esistito e che per riconoscere questa verità occorre superare nell'approccio alla Scrittura il metodo storico critico, quel metodo che scandaglia a tal punto il testo sacro da non saper più dire cosa dello stesso testo è vero e cosa non lo è. Ruini, da quando ha dismesso i panni di presidente della Conferenza episcopale italiana e quelli di arcivescovo vicario di Roma, è al progetto culturale della Cei che si dedica, avendo come orizzonte Dio e la proposta di Dio all'interno della società. «Intervista su Dio. Le parole della fede, il cammino della ragione» (Mondadori) è, infatti, il titolo del libro-intervista che Ruini ha scritto con il giornalista del quotidiano Avvenire Andrea Galli e che entra nel cuore del grande tema che ha attraversato la Chiesa cattolica anche e soprattutto negli anni che sono seguiti al Concilio Vaticano II: si può ancora credere a Gesù? E lui, Gesù, è una proposta attuale per il mondo contemporaneo oppure no? E poi: come proporlo? Adeguandolo alle istanze del mondo oppure al contrario chiedendo che sia il mondo, anzitutto, ad adeguarsi a lui? Ruini non mostra dubbi. È possibile per ogni uomo arrivare a Dio, ma «non a un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai, a quel Dio il cui volto riconosciamo nell'amore spinto sino alla fine, in Gesù crocifisso e risorto».

Ruini non cita Martini direttamente, dicevamo. A lui egli ha dedicato parole chiare pochi giorni fa su Avvenire. All'osservazione che su temi come fecondazione artificiale e unioni omosessuali «Martini sembrava più aperto alle ragioni di certa cultura laica» e «ha espresso pubblicamente posizioni chiaramente lontane da quelle della Cei», Ruini ha risposto che «non lo nego, come non nascondo che resto intimamente convinto della fondatezza delle posizioni della Cei, che sono anche quelle del magistero pontificio e hanno una profonda radice antropologica». Nel libro però Ruini cita il teologo che più di altri si definisce figlio spirituale di Martini, ovvero Vito Mancuso. Questi sostiene che l'esistenza di Dio è inattingibile dalla mente umana e dice di vedere in Ruini non tanto un avversario quanto uno che la pensa come lui ma non ha il coraggio di dirlo perché non vuole troppo discostarsi dalla posizione ufficiale della Chiesa. Ruini risponde dicendo che invece una conoscenza razionale di Dio è possibile perché l'uomo è per sua natura aperto al trascendente, a Dio. Poi, certo, Dio può illuminare, dall'alto farsi conoscere, ma resta il fatto che è della natura dell'uomo cercarlo e dunque anche conoscerlo.

Come presidente del comitato per il progetto culturale della Cei, Ruini ha dato vita a due grandi convegni internazionali dedicati in sostanza a questo argomento. Il primo, nel dicembre del 2009, su «Dio oggi». Il secondo, nel febbraio del 2012, su «Gesù nostro contemporaneo». «Con lui o senza di lui cambia tutto», era il sottotitolo del convegno su Dio. Scrive il vaticanista Sandro Magister che «dalla lettura di questo libro di Ruini si capisce il perché. Che Dio esista non lo si ricava da una dimostrazione geometrica. Ma gli argomenti di ragione che avvicinano a lui bastano a far intuire che la sua esistenza resta «l'ipotesi migliore», per dirla con Joseph Ratzinger». Come a dire, la ragione è sufficiente per avvicinare l'uomo a Dio, per fargli dire che esista.

Mentre una visione che tende a negare questo tipo di conoscenza per ancorarsi soltanto alla fede, alla fede che magari crede ma crede ciecamente, al buio si potrebbe dire, è più vicina alla mentalità protestante che ad altro.

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