Politica

Le nozze gay non tolgono nulla agli etero

Non rifiutare aprioristicamente il mondo omosessuale, mescolato e omologato a quello etero, vuol solo dire accettare la vita nella sua complessità e considerare gli esseri umani tutti uguali, portatori della stessa dignità, senza distinzioni pretestuose

Le nozze gay non tolgono nulla agli etero

Ieri Paolo Guzzanti ha scritto un eccellente articolo sul Giornale, manifestando il suo stupore per quella che egli definisce un'iscrizione in massa all'Arcigay da parte di persone politicamente riconducibili al centrodestra. Un gesto, secondo lui, addirittura folcloristico, non supportato da spiegazioni che lo rendano comprensibile (giustificabile) agli occhi di tanti nostri lettori ancorati alla tradizione e ad antichi pregiudizi.
Poiché sono tra coloro che hanno aderito ai programmi di liberalizzazione sessuale, insieme con Francesca Pascale e Silvio Berlusconi, mi permetto di fare alcune precisazioni in modo che la mia - nostra - scelta non sembri una semplice stravaganza o, peggio, un goffo tentativo di salire sul carro del conformismo culturale.

Sbaglierò, però secondo me per rompere il ghiaccio era necessario un colpo secco di piccone e non aspettare che fosse il sole a sciogliere la lastra. In politica serve rapidità, capacità di adeguarsi ai tempi e al pensiero corrente. Altrimenti si rimane indietro. Un eccesso di conservatorismo - spesso fratello gemello del bigottismo - aiuta a congelare due voti, ma te ne fa perdere otto. Non è molto vantaggioso. Voltare pagina comporta qualche rischio momentaneo, ma apre le porte a molti benefici. Nel caso specifico, non rifiutare aprioristicamente il mondo omosessuale, che nella pratica è mescolato e omologato a quello etero, vuol solo dire accettare la vita nella sua complessità e considerare gli esseri umani, a prescindere dalle loro inclinazioni sessuali, tutti uguali, tutti portatori della stessa dignità, senza distinzioni pretestuose.

Guzzanti giustamente afferma che si abusa del termine liberale e del termine libertà, ma che di fatto nessuno sa esattamente che cosa essi significhino. Purtroppo il centrodestra è stato fin qui una mescolanza di archetipi italici: fascisti, cattolici, liberisti, libertari. Gente che si è coalizzata contro la sinistra allo scopo di portarle via il bastone del comando, ma che non è mai andata d'accordo sui principi, sugli ideali e sulle ideologie. Il denominatore comune dell'alleanza non è stato il liberalismo, bensì l'interesse a conquistare la maggioranza non tanto per governare in un certo modo, ma per impedire di governare agli avversari. Questo si doveva fare, e questo è stato fatto, però i risultati non sono stati esaltanti: per imporre un modello di società non è sufficiente ostacolare la realizzazione del modello opposto. Cosicché alla lunga il centrodestra ha ceduto terreno ai progressisti.
Se esso desidera recuperare posizioni - e riprendere voti - deve competere con il Pd e non con Beppe Grillo. Come? Rubando a Matteo Renzi la sua freschezza, battendolo sui temi di cui si discute in famiglia, che non sono lo spread, la Merkel, il superamento del Senato e del bicameralismo, ma il divorzio breve, la dolce morte (eutanasia e similari), la fecondazione assistita, l'accantonamento della sacralità dell'embrione, ora talmente adorato da essere intoccabile al contrario del feto soggetto all'aborto.

I diritti civili non sono tutto, ma sono importanti perché consentono di stare sull'attualità, d'intervenire in un dibattito che coinvolge il popolo. La sera, davanti a un piatto di minestrina, non si parla di preferenze e di sistema elettorale, ma di figli in provetta, di matrimonio fra omosex, di roba del genere. Perché escludersi da queste discussioni lasciando spazio ampio alla sinistra? La mia iscrizione all'Arcigay è stata ispirata dall'esigenza di stare sul pezzo, come si dice. Non siamo uomini del secolo scorso. Abbiamo le nostre convinzioni, ma non impediamo ad altri di avere le loro. Ci battiamo affinché ognuno abbia la facoltà di fare ciò che gli garba, a una condizione: che non leda la nostra libertà. I gay chiedono di sposarsi? Perché no? Si sposino. Chissenefrega. Al massimo potremo dire che non sanno a cosa vanno incontro. Ma se ci siamo sposati noi etero, raramente con soddisfazione, perché non consentire loro di fare altrettanto?
Fra l'altro è assurdo pretendere che al 10 per cento dell'umanità - è questa grosso modo la proporzione di cittadini omosessuali calcolata sul numero di abitanti - sia vietato campare secondo regole differenti da quelle seguite dal 90 per cento della medesima umanità. Chi siamo noi etero per dettare legge? Ciascuno abbia i margini di libertà che hanno tutti o che speriamo tutti abbiano, presto. Ecco perché mi sono iscritto all'Arcigay. Un cazzotto in faccia alla brutta realtà in cui siamo immersi. Un invito perentorio a svegliarsi.

Qualcuno mi ha accusato di essere omofobo perché di tanto in tanto faccio una battuta sui gay, il che mi ha procurato in passato persino guai giudiziari. Ma sono persuaso che per non ghettizzare gli omosessuali sia indispensabile ritenerli identici a tutti gli altri individui, quindi suscettibili anche di essere presi in giro, come i preti, i cantanti, i bocciofili, i giornalisti eccetera.
Ho pochi amici, sei o sette. Due sono gay e li frequento da oltre 30 anni. Uno, Paolo Isotta, grande musicologo, s'incazza perché, da buon napoletano, pretende di essere definito ricchione. L'altro, Bruno, è spiritoso e autoironico.

Dov'è il problema? Caro Guzzanti, iscriviti anche tu all'Arcigay, così la piantiamo con questa menata della discriminazione.

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