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Ora la Chiesa fa retromarcia: "Non siamo schierati col Prof"

Dopo l'articolo dell'Osservatore Romano, in Vaticano si predica cautela: "Innegabile la simpatia verso Monti, ma non abbiamo ricette per la politica"

Ora la Chiesa fa retromarcia: "Non siamo schierati col Prof"

Dopo l'endorsement i distinguo, o meglio la chiamata alla cautela. Non è piaciuto a tutti, entro la Chiesa cattolica, l'uscita dell'Osservatore Romano in favore di Mario Monti. O meglio, dicono in Vaticano, «a non essere affatto piaciuta è stata la strumentalizzazione di un articolo ben scritto dell'Osservatore a proposito della situazione politica attuale. Un articolo per altro di seconda pagina, breve e senza prese di posizione forti. Certo, che vi sia simpatia per Monti è innegabile, ma arrivare a desumere che a motivo di questa simpatia la Chiesa stia con Monti è troppo».
Di qui, anche, le uscite di alcuni vescovi nelle ultime ore, forti, si dice, di un consenso di massima del presidente della conferenza episcopale Angelo Bagnasco il quale, pur condividendo il rigore e la serietà del cattolico Monti, vuole che venga rispettato quel principio di laicità che deve caratterizzare ogni rapporto fra Stato e Chiesa. Una linea, del resto, benedetta anche da Tarcisio Bertone, segretario di stato vaticano, il quale pur consapevole del feeling fra Monti e l'appartamento papale non vuole schierare la Chiesa.

Alcuni vescovi hanno parlato col loro silenzio. Su tutti il cardinale arcivescovo di Milano Angelo Scola e il predecessore di Bagnasco in Cei, il cardinale Camillo Ruini. Non una parola in favore di Monti (come anche per nessun altro), quanto piuttosto l'auspicio di un maggiore rispetto delle sensibilità di tutti. Auspicio che non a caso viene ripreso da monsignor Domenico Sigalini, presidente della commissione Cei per il laicato e assistente generale dell'Azione cattolica. È lui a dire che «i credenti non si riconoscono in un'unica leadership» e che «non ha senso evocare l'epoca lontana dell'unità politica dei cattolici». Parole che mostrano come le gerarchie tutto hanno intenzione di fare tranne che conferire a una parte il mandato esclusivo di rappresentare i valori e gli interessi della Chiesa. Anche perché, dice ancora Sigalini, «la situazione è molto confusa e non si possono dare valutazioni definitive. L'importante è che il mutamento si traduca in un effettivo miglioramento della condizione generale».

Una cautela, insomma, mista a realismo, che è stata fatta propria ieri anche in via ufficiale da Comunione e liberazione che, in una nota «sulla situazione politica e in vista delle prossime scadenze elettorali», ribadisce «quanto è da sempre nella natura di Cl, ma che in questo momento è particolarmente evidente». Cosa? Che «l'unità del movimento non è una omologazione politica, tanto meno si identifica con uno schieramento partitico, ma è legata all'esperienza originale di Cl (e in questo senso viene prima di qualunque opinione o calcolo pur legittimo): un aiuto a vivere e a testimoniare la fede come pertinente alle esigenze della vita. È con tale esperienza che ogni aderente al movimento ha la possibilità di paragonarsi, qualunque sia il suo posto nella società».

Le ultime due uscite pubbliche del cardinale Bagnasco danno l'impressione d'essere state misurate parola per parola. Il 31 dicembre, in occasione del Te Deum, egli ha detto chiaro che la Chiesa non ha ricette per la politica, «né è il suo compito», piuttosto «ha il dovere di ricordare alla società distratta i valori fondamentali». Una presa di distanza netta, insomma da quelle che sono state lette anche dentro la Cei come «strumentalizzazioni» della posizione della Chiesa rispetto alle parti politiche. E anche l'altro ieri Bagnasco è tornato a difendere i valori, commentando il Messaggio per la pace di Benedetto XVI: in un momento di crisi economica non bisogna dimenticare i temi etici e quei «valori non negoziabili» propri di ogni società matura. Un messaggio rivolto a tutti gli attori in campo, fra questi certamente anche a Monti e in generale a tutte le istituzioni.

Tanti, fra le gerarchie, hanno notato con una certa preoccupazione quel passaggio del discorso di fine anno dove Giorgio Napolitano ricorda «la legge che ha sancito l'equiparazione tra i figli nati all'interno e al di fuori del matrimonio, e segnalato esigenze di ulteriore adeguamento del diritto di famiglia».

Adeguamento che può voler dire apertura alle coppie di fatto.

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