Politica

Per ora solo fumo Chi porta l'arrosto?

Siamo tutti qui da alcuni giorni a tessere le lodi del Pd che ha trasformato le primarie in uno spettacolo televisivo appassionante quanto il Grande Fratello degli albori. I commentatori sono estasiati: ecco finalmente una bella gara democratica.
Non c'è dubbio: constatare (...)

(...) che gli ex comunisti discutono in pubblico, per consentire alla base di scegliere il candidato premier, è confortante. Meglio un passo avanti che un passo indietro, come invece succede in altri partiti sedicenti liberali. Il confronto all'americana fra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, tuttavia, non ha chiarito nulla, se si esclude un concetto elementare: il primo è un tradizionalista (non l'usato sicuro ma l'usurato sicuro) e il secondo un rottamatore molto bravo nella demolizione, e basta.
Il peccato originale della politica italiana, che macchia anche l'anima di entrambi gli aspiranti timonieri, non è stato cancellato: sia il vecchio che il giovane hanno elencato una serie di buoni propositi, ma si sono guardati dal dire come e con quali mezzi realizzarli. I compagni negli anni Cinquanta gridavano nei comizi di piazza: pane, lavoro e giustizia. Però sorvolavano sul dettaglio che non c'era una lira per pagare il conto del fornaio, dilagava la disoccupazione e gli uomini che amministravano la giustizia repubblicana erano gli stessi che l'avevano amministrata fino a qualche anno prima, ubbidienti al regime fascista.
I programmi ambiziosi affascinano, gli annunci mirabolanti pure. Ma non servono a informare i cittadini sulle scelte politiche atte a mantenere le promesse elettorali. Bersani vuole prendere ai ricchi per dare ai poveri (già sentita, mi pare). Vuole un fisco equo. Vuole risolvere il problema degli esodati, assicurare un lavoro fisso ai giovani, rispettare gli «ordini» dell'Europa, aumentare le pensioni troppo basse, uscire dalla crisi e tante altre eccellenti cose. Bene, bravo, bis. Siamo felici e siamo contenti, e ci inchiniamo riverenti. Ma ci vuole spiegare, il signor segretario, con quali risorse costruirà il suo paradiso? Finora non gli è uscita di bocca una sola parola concreta sul tipo di economia che pensa di impostare per non deludere l'elettorato.
Idem Renzi. Grande comunicatore, disinvoltura da vendere, eloquio brillante, entusiasmo alle stelle. Ha ragione quando afferma che chi ha provocato il disastro italiano non ha titoli per riparare i guasti, non è credibile, vada a casa. Già. Ma lui a quale pozzo attingerà i denari indispensabili per rilanciare la produzione, l'occupazione e i consumi? Tecnicamente, come intende procedere per modernizzare il Paese, sburocratizzarlo, renderlo snello? Quali sono le sue idee per comprimere il debito pubblico? E per riordinare la spesa dello Stato, quella sanitaria in particolare? Che ne sarà di 20 Regioni idrovore? E delle Province? E delle tasse? Giusto pretendere che calino. Ma come si fa a ridurle e al tempo stesso a ridare fondi ai Comuni spendaccioni e, ora, disperati?
Buoni tutti a dire che bisogna svoltare e rinnovare. Buoni tutti a dire che occorre puntare sullo sviluppo, specialmente nel Mezzogiorno. Buoni tutti a dire che la corruzione è da eliminare e che la politica merita una cura dimagrante. Il piano è ottimo, ma chi è capace di tradurlo in realtà e con quali strumenti (costosi)? Il fumo c'è: l'arrosto chi ce lo mette?

di Vittorio Feltri

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