Politica

Ovvio per ovvio, Ingroia lasci la toga

Ingroia scelga: se andare in toga definitivamente a quel paese, cioè Aosta, o fare il rivoluzionario, ops l'azionista, di professione

Il leader di Rivoluzione Civile Antonio Ingroia a Roma
Il leader di Rivoluzione Civile Antonio Ingroia a Roma

È ovvio. È sempre più ovvio che qui stanno saltando tutte le regole del buon senso. È ovvio che non c'è più certezza nel diritto, soprattutto se un tribunale condanna un ex presidente del Consiglio affidandosi alla prova dell'ovvio. È ovvio che il reato di ovvietà si applica solo a Berlusconi, mentre se sei per esempio un magistrato non è ovvio nulla, neppure il buon senso. Diventa ovvio così che il procuratore Ingroia possa continuare a fare il magistrato e nello stesso tempo il leader politico del suo partito, pardon movimento, Azione civile. Azione e non più rivoluzione, perché è ovvio che se prendi una manciata di voti che rivoluzione vuoi fare, al massimo fai il regista e gridi ad alta voce «Azione».

È ovvio che la Costituzione vieta espressamente ai magistrati non in aspettativa di fare politica, non per vietare il doppio lavoro, ma perché chi si fiderebbe di un giudice di parte, di un leader di partito che a tempo perso emette sentenze. È ovvio che quel simpaticone di Ingroia potrebbe perfino sindacare che il suo non è un partito ma un movimento. È ovvio che a quel punto partirebbero pernacchie e ovviamente chi le fa rischia la galera. È ovvio e risaputo che i giudici sono permalosi. È ovvio però che sono permalosi con gli altri e ovviamente questo significa che Ingroia continuerà a fare il politico togato. Ed è ovvio che quando serve tutti i custodi della Costituzione si dimenticano di rispettarla. È ovvio che Ingroia ha rotto le toghe a tutti, che non ha alcuna intenzione di andare in Guatemala.

È ovvio che appena può scapperà da Aosta, anche se c'è una sentenza del Tar che ha bocciato il suo ricorso. È ovvio che questa storia non finisce qui. È ovvio che l'unica cosa che a noi italiani resta da fare è augurarci che alla fine Ingroia scelga: se andare in toga definitivamente a quel paese, cioè Aosta, e mettersi a lavorare o fare il rivoluzionario, ops l'azionista, di professione.

Ovviamente, nel secondo caso, non a nostre spese.

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