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Padoan, nuovo ministro dell'Economia

Sostenitore della riforma Fornero, Padoan ha sempre sostenuto la necessità di ridurre il debito. Come? A colpi di tasse

Padoan, nuovo ministro dell'Economia

Alla fine è arrivato l'ennesimo tecnico. Pier Carlo Padoan è il nuovo ministro dell'Economia. L'ufficialità della sua nomina arriva nel giorno in cui, da capo-economista dell'Ocse, ha divulgato un report segnato da tratti che rasentano il catastrofismo:“La diffusa accelerazione nella produttività dall'inizio della crisi potrebbe presagire l'inizio di una nuova era di bassa crescita. Lo slancio dell'economia globale continua ad essere lento, aumentando la preoccupazione per cui vi sia stato un adattamento al ribasso strutturale dei tassi di crescita rispetto ai livelli pre-crisi. Queste preoccupazioni erano già prevalenti nei Paesi avanzati, ma ora comprendono anche le economie emergenti e sono alimentate da un alto tasso di disoccupazione e una bassa partecipazione al mercato del lavoro".

Ecco, saranno gli stessi problemi che dovrà affrontare in via XX settembre, da ministro stavolta, e non più da economista. E pensare che Padoan nel marzo dello scorso anno aveva spiegato di vedere la luce in fondo al tunnel argomentando così: “La situazione in Europa, Italia compresa, è molto meno drammatica di quanto non fosse sei mesi fa. E la recessione finirà, sempre in tutta Europa, entro alcuni trimestri”. Previsione smentita dai fatti. Professore di Economia alla Sapienza di Roma, Padoan dal 1998 al 2001 è stato consulente economico per i premier Massimo D'Alema e Giuliano Amato. Già direttore della Fondazione dalemania Italianieuropei, membro della commissione nazionale per il progetto dei Ds e collaboratore dell'Unità, Padoan è sempre stato un fervido sostenitore della riduzione del debito pubblico e, soprattutto, delle tasse.

Lo dimostrò nel dicembre del 2009, quando in una intervista a Le Figaro, spiegò che “per risanare i debiti contratti dai Paesi occidentali durante la crisi la diminuzione delle spese non basterà, quindi è inevitabile un aumento delle tasse''. Opinione ribadita un anno dopo quando l'allora capoeconomista dell'Ocse e vicesegretario della stessa organizzazione parigina chiosava: “Può essere pericoloso procedere con aggiustamenti fiscali di grande rilevanza solo attraverso tagli alla spesa, in alcuni casi occorrono anche aumenti delle imposte. Non si può fare tutto solo riducendo la spesa, si deve fare in qualche modo anche aumentando le imposte”.

Nel dicembre scorso si esibì in una differenziazione dei balzelli: “Le tasse che danneggiano di meno la crescita sono quelle sulla proprietà, come l'Imu, mentre le tasse che, se abbassate, favoriscono di più la ripresa e l'occupazioe sono quelle sul lavoro”. Si riferiva per caso alla patrimoniale? Padoan ha incassato anche una velata critica dal premio Nobel per l'Economia, Paul Krugman, che sul New York Times scrisse: "Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all'Ocse".

Non parlategli poi di uscire dall'Euro, perché vi risponderebbe che “costerebbe più che difenderlo” e che, se accadesse, l'Italia tornerebbe agli anni '70 con un effetto recessivo e inflazionistico molto forte”. Colui che dal 2001 al 2005 fu direttore esecutivo per l'Italia del Fmi e che poi ricoprì altri incarichi di consulenza per la Banca mondiale, la Commissione Europea e la Bce, è stato un sostenitore del governo Monti nei confronti del quale espresse parole positive approvando sia la spending review sia la riforma delle pensioni targata Fornero. Dopo la travagliata - quanto poco duratura - presidenza dell'Istat (il voto delle commissioni competenti in un primo momento non raggiunse la maggioranza richiesta per legge ritardando i tempi della sua nomina), venne poi il tempo dell conversione: basta austerity e rigore, adesso si pensi alla crescita. Il problema è che gli strumenti finora utilizzati non sono serviti a molto. Esattamente dieci giorni fa, Padoan dispensò infine la teoria del benessere: “Occorre andare oltre una valutazione quantitativa della richezzea, il pil non basta più, conta il benessere dei cittadini, che ha più dimensioni”.

E speriamo che il nuovo ministro possa davvero migliorarlo questo benessere.

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