Politica

Il Paese reale e quello surreale

Esiste un solo motivo per supporre che il governo Enrico Letta non sia in pericolo: è nato con i crismi della precarietà e, siccome in Italia l'unica cosa stabile è la provvisorietà, l'attuale premier e la sua squadra hanno molte probabilità di durare non diciamo in eterno, ma a lungo sì. D'altronde il Paese ha due volti: uno surreale, che viene preso sul serio; l'altro reale, assolutamente sottovalutato. Il primo è quello a cui la politica dedica la massima attenzione; il secondo, essendo lontano dal Palazzo (sempre più nevrotico e inconcludente), è trascurato perfino dai giornalisti i quali, per deformazione professionale, preferiscono descrivere e commentare le liti dei partiti piuttosto che interessarsi ai problemi della gente.
In questo senso, politici e cronisti a forza di frequentarsi, di lavorare gomito a gomito, si somigliano. Cosicché, paradossalmente, il surreale è davvero più importante del reale. Qualche esempio. Da giorni e giorni si polemizza aspramente a causa di tre episodi marginali rispetto al dramma economico che minaccia di ridurci in miseria e che, in parte, ci ha già impoveriti. Ci riferiamo all'insulto rivolto dal vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, alla ministra delle Pari opportunità, Cécile Kyenge, definita «orango».
Ci rendiamo conto: un'offesa grave che rivela in chi l'ha espressa una mentalità razzista. Poiché tuttavia Calderoli ha porto le sue scuse a Kyenge, e questa le ha prontamente (...)

(...) accettate, non era il caso di farla tanto lunga. E invece l'incidente ha avuto strascichi tali da mettere in dubbio la sopravvivenza del governo. Inoltre, i media, enfatizzando la questione e dedicandole servizi televisivi a iosa, articoli su articoli, addirittura editoriali, dibattiti eccetera, hanno ingenerato negli italiani il sospetto che il vicepresidente del Senato avesse pronunciato quell'infelice parola, «orango», allo scopo di far cadere l'esecutivo e provocare un caos idoneo a rafforzare il proprio partito, la Lega, notoriamente in difficoltà. Poiché la dietrologia attiene alla sfera del surreale, la tesi fantasiosa del complotto padano per un po' di tempo è passata per buona. Roba da matti.
Non si era ancora esaurita la zuffa istituzionale scatenata dalla sortita zoologica, quand'ecco scoppiare la grana Shalabayeva, alla quale le pagine dei quotidiani riservano da quasi una settimana titoli su titoli. Che la moglie, Alma, e la figlia, Alua, di un dissidente kazako, Mukhtar Ablyazov, vengano rispedite nella loro patria dai nostri burocrati (autorizzati da chi?), senza che nessuno si curi della fine che rischiano di fare, è un fatto meritevole di essere chiarito onde punire i responsabili.
Tutto giusto. Ma che anche questo infortunio diplomatico venga utilizzato per tentare di buttar giù il gabinetto Letta e favorire la costituzione di una nuova maggioranza o elezioni anticipate al buio, è troppo. Eppure non si parla d'altro. Siamo sicuri che l'opinione pubblica sia tanto appassionata all'orango e alle topiche della Farnesina e del Viminale?
E che dire della telenovela costruita sul personaggio Matteo Renzi? Questi un dì afferma che desidera guidare il Pd, l'indomani dichiara che manco ci pensa, poi sostiene che serve una svolta, anzi, no: meglio filare diritto.
Insomma non se ne può più del surrealismo politico. Eppure chi se ne sta lassù con la testa tra le nuvole non intende rimettere i piedi a terra. La realtà può attendere. Frattanto però qualcosa fra noi umani è accaduto. È fresca la notizia che l'Imu sulla prima casa è andata a farsi benedire; archiviata anche l'ipotesi di aumentare l'Iva. Non sono particolari ininfluenti per gli uomini e le donne comuni che litigano quotidianamente col portafoglio sempre più smilzo. Riconosciamo che questi provvedimenti non sono piovuti dal cielo, ma pretesi da qualche politico avveduto.
E allora, per favore, i signori parlamentari e i dirigenti di partito cessino di inseguire ogni pretesto per demolire quel poco che non è crollato. Si concedano, e ci concedano, un po' di requie. Magari diano un'occhiata, di tanto in tanto, a quanto avviene quaggiù.

segue a pagina 7

Ravoni a pagina 7

di Vittorio Feltri

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