Politica

Se si premia la fedeltà e non la competenza

In alcune nomine di Renzi si ravvisa una profonda ironia. Non si spiegherebbe altrimenti la nomina di Roberto Reggi, già dannoso sindaco di Piacenza, a sottosegretario del ministero dell'Istruzione: un ignorante alla scuola

Se si premia la fedeltà e non la competenza

Difficile dire se Renzi sia più deludente o ridicolo. La riforma elettorale limitata alla sola Camera dei Deputati, in attesa di abolire, sine die, il Senato, può essere intesa come una formula apotropaica, per rimandare il rischio di una caduta del governo, con il conseguente scioglimento delle Camere. Qualunque cosa accada, una riforma zoppa e monocamerale non consentirebbe di andare a votare. Ma si può anche essere più maliziosi, e pensare che questa riforma, per la sola Camera, non venga discussa al Senato dove rischierebbe di cadere, in attesa che il Senato decada e non abbia più, quindi, titolo a votare una legge passata e approvata nell'unica Camera sopravvissuta. Renzi pensa di non porla all'ordine del giorno del Senato, in via di estinzione; la legge è utile per la sola camera sopravvissuta. Andrà veramente così? O, allo stato, perché la legge sia valida anche per una sola Camera, è necessario che lo sancisca anche l'altra? E, infine, se il bicameralismo è chiamato «perfetto», ci sarà pure una ragione. Ogni altra soluzione non può che essere «imperfetta».
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In alcune nomine di Renzi, all'apparenza distratto, si ravvisa una profonda ironia. Non si spiegherebbe altrimenti la nomina di Roberto Reggi, già dannoso sindaco di Piacenza, a sottosegretario del ministero dell'Istruzione: un ignorante alla scuola.
Con la sua nomina è stata premiata la fedeltà, e punita invece la conoscenza e la capacità di altri concorrenti. Tornando a scuola, forse imparerà qualcosa.
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Sulla fondatezza delle testimonianze e sull'affidabilità della memoria anche di persone attendibili, e nel caso di specie, di giornalisti affidabili come Filippo Ceccarelli, può essere utile richiamo il riferimento a una vicenda molto clamorosa che mi riguarda, in merito alla relazione amorosa fra il ministro Giuliano Urbani e l'attrice Ida Di Benedetto.
Io, con allusioni pesanti, feci riferimento a quello che Ceccarelli riporta in questi termini: «Finora la faccenda era relegata agli annali di Sgarbi che in tv, per ragioni abbastanza sue, aveva sostenuto, con tanto di inequivocabile mimica, che certe competenze gli erano negate perché il suo ministro - lui allora era sottosegretario - soggiaceva con soddisfazione alla pressante oralità della sua amante». Ceccarelli conclude: «La cosa non fece ovviamente piacere alla coppia. I giornali ci inzupparono un po' il pane. Aldo Grasso definì la scena: “Un grande monologo tragico mascherato da pettegolezzo”,a seguito del quale Sgarbi dovette mollare la poltrona...».
In molte occasioni ho ascoltato questa ricostruzione, con logica plausibile. Ma del tutto falsa. Per ragione cronologiche. Infatti, ospite a Radio Londra da Giuliano Ferrara, alla domanda sulle ragioni politiche che avrebbero determinato il conflitto con il ministro, risposi riducendole a ragioni personali e psicologiche, e attribuii la tensione fra Urbani e me a rivendicazioni e malumori della donna che gli rinfacciava la minore efficacia nell'azione. In quella circostanza, e soltanto in quella, feci le pesanti e scostumate battute che Ceccarelli ricorda.
Fu un intervento postumo e, tecnicamente, una vendetta, d'impulso ma calcolata a freddo. Infatti, ero stato allontanato dall'incarico di sottosegretario tre mesi prima, per altri meno coloriti contrasti dimenticati da Ceccarelli, e per ragioni psicologiche del tutto estranee alla mia feroce battuta postuma.


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