Politica

Persino Montezemolo si vergogna di Fini

Ultimatum del leader di Italia Futura a Casini: fuori il presidente della Camera, compromesso dal caso Montecarlo

Luca Cordero di Montezemolo
Luca Cordero di Montezemolo

Roma «Facce nuove»va ripeten­do Montezemolo, sempre più indeciso a tutto. La sua Italia Fu­tura, da anni sul punto di scen­dere in campo, tentenna attor­no al centro, che però è affollato di vecchie glorie più che di volti nuovi. Passi per Casini, ma su al­tri veterani della politica Mon­tezemolo sta mettendo il veto, a costo di far saltare la conven­tion delle forze pro Monti-bis (“Lista per l’Italia”) convocata da Udc e Fli per il 20 dicembre a Roma. Tra i futuristi di Italia Fu­tura e quelli di Fli c’è un maci­gno di mezzo chiamato Gian­franco Fini. Un pezzo di Italia passata che Montezemolo non vuole sobbarcarsi, convinto che col leader Fli (da 30 anni in Parlamento) siano più i voti che si perdono di quelli che si guadagnano. Da una parte ci so­no i numeri, quelli dei sondag­gi, che danno Fli all’1,6%, mol­to lonta­no dalla soglia di sbarra­mento che la bozza di nuova leg­ge elettorale sta fissando al 5% e che il Porcellum fissa comun­que al 4% per i singoli partiti. Dall’altra ci sono le considera­zioni (abituali per un manager come il presidente della Ferra­ri) sul «brand» Fini, assai logo­ro, specie nell’elettorato di area centrodestra, quello più appetibile per la lista Monteze­molo. Una fetta di italiani mode­rati che magari si sono allonta­nati dal Pdl ma non sono dispo­sti a sostenere Fini, subalterno per vent’anni a Berlusconi e pro­tagonista del Tul­liani­gate, la vicen­da dell­a casa di Monte­carlo che ne ha affossato de­finitivamente le ambizioni da leader della nuova Repubblica. D’altronde Montezemolo va ri­petendo anche che occorre «an­dare oltre la de­stra e la sinistra di questa falli­mentare Seconda Repubblica», dentro cui ci mette i busti di Loren­zo Cesa, segretario Udc, e per l’appunto di Gianfranco Fini. Che la partita sia complicata, anche dalla cronica incertezza dalla truppa montezemoliana, lo prova il fatto che pure con l’Udc, con cui l’asse è più soli­do, si registrano fratture e criti­che. Come la bocciatura secca pervenuta da Italia Futura do­po la convention Udc a Chian­ciano (cui partecipò anche Fi­ni, e anche Passera): «Un fritto misto che rischia di essere una pietan- za indige­sta per il Paese».
Il tempo stringe, le elezioni si avvicinano, i giochi vanno fatti subito se non si vuole essere cannibalizzati dagli altri. Il Pd di Bersani, galvanizzato dalle primarie vinte, si sta spingendo verso il centro, corteggiando il mondo cattolico di sinistra (i Pa­pi e i parroci citati da Bersani nella sfida con Renzi...). La ga­lassia Pdl, pur nelle violente tur­bolenze, cerca di riorganizzarsi per riconquistare le percentua­li lasciate per strada, nel suo ba­cino elettorale che si sovrappo­ne in parte a quello cui punta il progetto del presidente Ferra­ri. Se Montezemolo non deci­de, si rischia di racimolare po­co, ed è per questo che i politici più esperti come Casini e Fini stanno accelerando la nascita del nuovo Terzo polo, spingen­do Montezemolo a sciogliere le riserve. Soprattutto Fini, che
fuori da uno schieramento ri­schia, anzi è certo di non essere rieletto. Dopo aver attaccato i suoi vecchi colonnelli di An («Hanno bisogno di un genera­le »), Fini si ritrova nell’infausta condizione di generale senza un esercito, e con ufficiali spes­so scadenti e pronti a mollarlo.
Nella disperazione, dentro Fli hanno pensato anche ad alle­arsi col Pd, senza essere però corrisposti. È stato il vicepresidente di Fli, Italo Bocchino, a pro­porre «un’alleanza con il Pd che preve­da Monti come can­didato a Palazzo Chigi». Da Almi­rante a Bersani, passo troppo lungo anche per Fini, che pure ha cambia­to rotta più volte, ma che è dovu­to intervenire bollando come un «errore» l’uscita del suo nu­mero
due. Resta l’alleanza con Casini, che dal suo 5% detta le condizio­ni al presidente della Camera, corteggiatore senza amanti. C’è chi ha fatto di meglio di Boc­chino, cioè il deputato Grana­ta, che per superare l’ horror va­cui (di voti) che rischia Fli ha buttato lì, in estate, un asse ine­dito: «Fli con Idv, e Fini candida­to premier ». Mancano solo Ven­dola e il M5S e poi Fli ha lancia­to l’amo a tutti i partiti, nessuno escluso (sì, anche al Pdl ad un certo punto). Riusciranno a convincere Montezemolo a prenderli con sé? I colonnelli di Fini forse, soprattutto quelli co­me il «libertiamo» Della Vedo­va, gli altri ancora, ma Fini sarà dura.

Malgrado molte cose li uniscano, tipo la Ferrari del co­gnato Tulliani e qualche ricor­do a Montecarlo.

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