Politica

Poveri agenti tirati per la divisa

È logica da curva sud contestare gli agenti se mettono in riga i rossi ma pure se non picchiano i neri

Poveri agenti tirati per la divisa

Ho letto con interesse, ieri sulla Repubblica, l'articolo di Francesco Merlo a proposito della polemica tra il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, e il presidente della comunità ebraica, Riccardo Pacifici, sugli incidenti nella capitale: supporter del Tottenham (squadra inglese amata dagli ebrei) aggrediti da ultras romani. Quando c'è di mezzo il razzismo bisogna essere cauti, quindi non valuterò il paragone fatto da qualcuno: «Roma come Tel Aviv». Non è questo il punto.
Vorrei solo dire a Merlo, e a coloro i quali legittimamente sono della sua medesima opinione, che è pericoloso - stavo per scrivere ridicolo - attaccare la polizia (e chi la comanda) quando non interviene con sufficiente energia per reprimere violenze gratuite, dopo averla condannata, alcuni giorni prima, per il motivo opposto. Si finisce per non capire più niente.
Rivediamo i fatti. Il 15 novembre a Roma si svolsero cortei di protesta. Come spesso accade durante le manifestazioni di piazza, scoppiarono tafferugli. Vari dimostranti con caschi e passamontagna si scagliarono contro gli agenti, i quali risposero applicando la legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente. Secondo gli organizzatori della protesta, le cose non andarono così: furono i poliziotti a caricare i dimostranti, che poi reagirono. Il solito ping pong che si «gioca» almeno da 50 anni. La Repubblica sul proprio sito offrì in visione un filmato: lacrimogeni lanciati dalle finestre del ministero della Giustizia e piovuti sul corteo. Sembrava la prova che le forze dell'ordine avessero agito scorrettamente, in puro stile fascista. Peccato che non fosse vero. Questi candelotti erano stati, in realtà, sparati dalla strada, altro che finestre. Comunque la polizia venne incolpata di avere esagerato, picchiando i bravi ragazzi che sfilavano con compostezza per esprimere il loro dissenso verso la politica europea e nazionale.
La magistratura aprì un'inchiesta per accertare se qualche agente avesse menato le mani con troppo vigore. Sui giornali e in tv divamparono dibattiti: la polizia deve reprimere i tumulti o li deve soltanto arginare, beccandosi gli sputi e le legnate dei dimostranti? Simili discussioni sono vecchie come il cucco e non hanno mai sciolto il dubbio. Essendomi fatto, da cronista, una discreta esperienza di disordini nel 1968 e dintorni, so che in piazza basta un nonnulla ad accendere i casini e che spegnerli non è facile con maniere gentili. Se un poliziotto viene aggredito, o si difende con la forza o finisce all'ospedale o al cimitero.
Transeat. A una settimana di distanza dal bordello del 15 novembre, si registra un altro deplorevole episodio, vittime gli aficionados ebrei del Tottenham. In questo caso la polizia - forse memore dei rimproveri appena ricevuti - sarebbe arrivata in ritardo sui luoghi dei pestaggi e/o sarebbe stata troppo tenera nel sedare gli scontri. E giù critiche al prefetto: ha sbagliato qui, ha sbagliato là; questi fascisti e naziscemi e razzisti meritavano una lezione. Quale lezione? Botte da orbi, immagino.
Potrei essere d'accordo sulla necessità di ricorrere, in determinate circostanze, a rimedi estremi. Però serve una regola che valga sempre e per tutti: o la polizia mena chi sgarra oppure lascia perdere. Ma pretendere che adotti due pesi e due misure in base al colore dei manifestanti (o teppisti, scegliete voi la parola) è assurdo. Biasimarla perché mette in riga un rosso e biasimarla perché non mette in riga un nero significa avere le idee confuse e interpretare le funzioni della pubblica sicurezza secondo una logica da curva sud.

segue a pagina 9

Fontana a pagina 9

di Vittorio Feltri

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