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Quelle balle in Procura che il Csm vuol insabbiare

Incongruenze nella guerra tra toghe: qualcuno ha mentito. Ma il Consiglio superiore della magistratura starebbe pensando di archiviare tutto

Quelle balle in Procura che il Csm vuol insabbiare

C'è ormai solo una prospettiva peggiore del disastro in corso alla Procura della Repubblica di Milano, straziata da contrapposizioni, veleni, accuse frontali. Ed è che il Consiglio superiore della magistratura, chiamato a sciogliere questo nodo, a stabilire chi ha ragione e chi torto in questo scontro passato rapidamente dal fioretto alla clava, scelga di non decidere. Di insabbiare. Di chiudere senza vincitori né vinti, lasciando all'infinito uno degli uffici giudiziari più delicati del paese nel clima avvelenato di questi giorni. È un tentativo che serpeggia dentro al Csm, sempre in nome di quegli equilibri di corrente che sono in buona parte gli stessi colpevoli del degrado del tempio di Mani Pulite. Ma è chiaro che in queste settimane qualcuno ha mentito, e continua a farlo. E il Csm non potrà rinunciare a capire.

Nelle ultime ore, il fuoco dell'indagine del Csm sembra concentrarsi su un dettaglio dello scontro tra Edmondo Bruti Liberati, procuratore della Repubblica, e il suo vice Alfredo Robledo: il pedinamento in contemporanea di un indagato del caso Expo da parte della Guardia di finanza, su incarico di Robledo, e di un'altra pattuglia, sempre delle Fiamme gialle, su ordine di Ilda Boccassini. La dottoressa sostiene che i «suoi» finanzieri dovettero sospendere l'attività per non andare a sbattere su quelli di Robledo («hanno fatto tremila passi indietro»); Robledo sostiene, forte di una dichiarazione dei vertici della Gdf, che l'episodio non è mai accaduto; Bruti ribadisce che è tutto vero, e che Robledo non l'aveva avvisato dell'indagine in corso; Robledo si prepara a mandare altri documenti al Csm per dimostrare il contrario. E in tutto questo, i magistrati qualunque, quelli che ogni giorno sgobbano lontano dai riflettori, si domandano come sia possibile che si sia arrivati a questo punto.
In questi giorni Ilda Boccassini sta facendo sentire tutta la sua potenza - di immagine, di esperienza, di carattere - per portare il Csm a archiviare il caso e a lasciare Bruti al suo posto. Ha rivelato, quando il Csm l'ha interrogata, dettagli inediti: come quando ha raccontato di avere ricevuto una busta con dei proiettili dopo che Silvio Berlusconi è finito in affidamento ai servizi sociali, o di essersi dimessa da capo dell'Antimafia quando venne messa in discussione la sua puntualità nel rispetto delle regole dell'ufficio (poi ci ripensò, su richiesta del suo pool). E ha minacciato di querelare, quando questa storia sarà finita, «chi ha detto il falso». Robledo, ovviamente, che l'accusa di avergli scippato l'inchiesta Expo con la complicità di Bruti. Ma bugiardo è, per la Boccassini, anche un altro collega, il pm nazionale antimafia Filippo Spiezia, che al Csm ha ribadito che la Boccassini non rispetta le regole, non fa circolare le notizie, e che tra i suoi pm c'è malumore. «Assolutamente falso», dice Ilda. Certo, se finirà a querele e a processi, anche questo sarà una novità impensabile.

La Boccassini difende Bruti anche per difendere se stessa: se il capo dovesse saltare, e al suo posto arrivare un nuovo procuratore, magari non milanese, la scelta di azzerare tutti i dipartimenti per fare piazza pulita di ruggini e rivalità sarebbe quasi inevitabile. Oltretutto, agli atti del Csm c'è un documento a sua firma, che sembra smentire quanto la dottoressa ha sempre sostenuto, cioè di avere tenuto in mano a tutti i costi l'indagine Expo perché contigua a indagini sulla 'ndrangheta. Invece il 16 aprile 2012 la Boccassini scrive a Bruti dicendo, parlando dell'inchiesta Expo che «allo stato non risultano contatti con esponenti della criminalità organizzata». Eppure non si spoglia dell'inchiesta, si limita a proporre un coordinamento con il pool di Robledo, che di fatto verrà poi estromesso dall'indagine.
La Boccassini adesso rivolge un «accorato appello» contro «le delegittimazioni della Procura di Milano che non le merita». E invita il Csm a fare in fretta.

Ma non tutti, nel Csm, pensano che la fretta sia il modo migliore per capire che diavolo stia accadendo.

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