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"Rapidità e recupero dell'orgoglio: ecco come è nato il modello Genova"

Il sindaco del capoluogo ligure, Marco Bucci, racconta come si è arrivati alla velocissima ricostruzione del Ponte Morandi e, cinque anni dopo esatti quella tragedia, come è ripartita la città

"Rapidità e recupero dell'orgoglio: ecco come è nato il modello Genova"

"Ero in automobile, stavo venendo in Comune dalla città metropolitana e ricevetti una telefonata. Addirittura mi dissero: 'È caduto un pezzo del ponte'. Io pensavo fosse un cornicione. 'Si è fatto male qualcuno?', chiesi. Il vigile mi rispose che erano caduti duecento metri di ponte". Il sindaco di Genova, Marco Bucci, racconta come ha vissuto i primissimi minuti di uno degli episodi in assoluto più dolorosi della storia d'Italia. Il primo cittadino, eletto con il centrodestra per la prima volta nel 2017 e nettamente riconfermato nel 2022, è stato sicuramente uno degli artefici della realizzazione a tempi record del nuovo Ponte di Genova, adesso chiamato San Giorgio. La gestione dell'intero dossier sotto il suo ruolo di Commissario straordinario alla ricostruzione ha contribuito alla ripartenza di una comunità che è stata messa in ginocchio dalla tragedia avvenuta il 14 agosto 2018 alle ore 11.36. È impossibile lasciarsi alle spalle quarantatré vittime e 566 sfollati per il drammatico crollo del Morandi. Ma qual è stato il percorso istituzionale e burocratico che ha portato a tirare su un’infrastruttura così fondamentale per la viabilità di tutta la città? E come è cambiato il capoluogo ligure in tutti questi ultimi cinque anni?

Sindaco, che cosa fece immediatamente dopo avere ricevuto la notizia?

"Abbiamo cominciato il Coc (il Comitato operativo comunale) alle 12.03 e ci occupammo soprattutto di mantenere a posto la città, essendo interrotta su tre lati: il Ponente non comunicava col Levante e viceversa, il Nord non comunicava né col Ponente né col Levante. Tutto era fermo, praticamente. Poi c'era la questione di trovare un alloggio per gli sfollati. Quella sera erano già tutti quanti a dormire al coperto, in alberghi o in altre strutture. La prima conferenza stampa l'abbiamo fatto alle 14.30 dello stesso giorno. Nel giro di sei giorni abbiamo consegnato la prima casa e in due settimane abbiamo costruito una strada. Ci siamo mossi velocemente ed efficacemente".

L'idea del nuovo ponte quando se la immaginò?

"Già il giorno dopo, quando parlai con Renzo Piano del progetto. Il governo venne qua il 15 a fare il primo Consiglio dei ministri e io sono sempre rimasto in contatto con il presidente del Consiglio e il ministro delle Infrastrutture. Con loro ho continuato a parlare quasi giornalmente fino a quando il premier non mi ha nominato Commissario il 4 ottobre".

Come nacque il cosiddetto il "modello Genova"?

"È un metodo che viene utilizzato dall'industria privata da anni: non è altro che l'applicazione dei modi più moderni di fare le cose all'amministrazione pubblica".

Ma è vero che ci sono state esenzioni o scorciatoie?

"Tutte frottole. La realtà è che c'è la possibilità di potere utilizzare cose che nell'amministrazione pubblica non sono mai state utilizzate: vedi il project management o il discorso di fare le cose in parallelo tutte subito. Inoltre la cosa più importante è che bisogna metterci la faccia e chi deve fare il lavoro deve dirlo chiaramente: quindi deve prendersi successi e insuccessi".

Quindi lei sostiene che sia una leggenda metropolitana il fatto che siano state aggirate delle regole.

"L'unica regola che ci hanno consentito di utilizzare è l'articolo 32 del Codice europeo degli appalti: invece di fare la gara pubblica, permette in casi di estrema necessità di fare il bando per manifestazione di interesse. Si invitano più di cinque imprese a fare quel progetto specifico, chiedere loro quanto costa e il tempo che impiegano, per poi scegliere la proposta. Noi perdevamo sei milioni di euro al giorno senza il Ponte".

In questi cinque anni come ha visto cambiare la sua città?

"La cosa più importante è stato avere restituito ai genovesi l'orgoglio di essere una grande città e il fatto che il futuro è nelle proprie mani. Il mio predecessore sosteneva che bisognava gestire il ‘declino della città’. Lei capisce bene che grandi innovazioni non se ne fanno. È un fondamentale cambiamento di mentalità".

Il Comitato dei parenti delle vittime si sta battendo affinché queste tragedie non avvengano più: cosa si può fare concretamente?

"Noi abbiamo fatto una revisione completa delle infrastrutture del comune, abbiamo raddoppiato il budget della manutenzione, stiamo facendo molto lavoro proprio perché ci sia più aiuto nella conservazione delle nostre opere. È una sfida, ma bisogna vincerla perché non si può permettere di avere nuovamente questi disastri".

Qualche cittadino di Sampierdarena e Certosa lamenta ritardo nella riqualificazione dei quartieri e qualcuno teme il passaggio della linea merci vicina alle loro case: che cosa risponde lei?

"Si prevede che la linea del Terzo Valico venga riattivata dopo trent’anni per consentire al porto di potere smaltire le proprie merci, che non sono pericolose. Noi compreremo gli appartamenti di chi non vuole più vivere là vicino al treno, utilizzeremo questi locali che espropriamo per attività sociali o student housing. Utilizziamo i fondi per dare ai quartieri giardini, parcheggi, centri civici e anche una scuola in più".

Da qua al 2027, quali sono i suoi obiettivi da sindaco ancora da realizzare?

"Abbiamo tantissime infrastrutture da realizzare, come la diga, poi c'è tutto il trasporto pubblico locale completamente elettrico e decarbonizzato che metteremo in pratica, gli assi della Metropolitana – incluso lo Skymetro che va sopra la Valbisagno -, la funivia che porta ai forti. Abbiamo sette miliardi da spendere e, quando andrò via, vorrei che fossero tutti spesi.

E bene".

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