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Renzi avvisa la fronda Pd «O l'Italicum o salta tutto» Scontro anche a casa Ncd

I cuperliani: va cambiato, la replica: "Chi affossa la legge affossa la legislatura". Le parlamentari: "Così eletti solo uomini". Sondaggio: centrodestra oltre quota 35%

Renzi avvisa la fronda Pd «O l'Italicum o salta tutto» Scontro anche a casa Ncd

Roma - L'Italicum è sempre più italicum: un caos. Nel Pd, sulla legge elettorale, si combatte una guerra cruenta tra renziani e antirenziani. Nel Nuovo centrodestra finisce sul banco degli imputati lo stesso Alfano. Mentre le donne attaccano in modo bipartisan sulla parità di generi. Intanto i sondaggi danno sì il Pd primo partito con il 30,5% contro Forza Italia al 24,3%, ma il centrodestra sfonda la fatidica soglia del 35% per il premio di maggioranza: oggi è al 36,8% con tre punti e mezzo di vantaggio sul centrosinistra (33,3%, Tecnè per TgCom24).
I sostenitori di Cuperlo, minoranza del Pd ma maggioranza in Parlamento, affilano le armi. «Il testo non va bene e va modificato», sostengono dopo un summit di corrente a Montecitorio. Tanti i fronti: non vanno bene le liste bloccate; non va bene il premio di maggioranza che scatta con una soglia troppo bassa; non va bene la clausola di sbarramento all'8% per chi corre da solo perché troppo alta. Un inferno. E oggi chiederanno che tutto il partito sottoscriva le loro modifiche, trasformandole in un emendamento unitario. Renzi apre: «Le modifiche sono possibili ma se si è tutti d'accordo; se no si ricomincia da capo»; ma poi minaccia: «Qualche franco tiratore ci sarà senz'altro, ma se i franchi tiratori faranno fallire la legge, senza nemmeno metterci la faccia, la legislatura sarebbe in salita. Non affosseranno la legge elettorale ma la legislatura».
Coltelli a largo del Nazareno e maretta anche tra gli alfaniani, riuniti ieri sera. Ma la scossa di terremoto è arrivata da un tweet bellicoso di Roberto Formigoni: «Parlo con tristezza ma con chiarezza: è un errore del Ncd aver firmato legge elettorale senza preferenze. Se non ci sono preferenze non c'è nostro voto». Anche Alfano ha sempre fatto il tifo per le preferenze ma aveva ceduto in nome della realpolitik pur di evitare il letale modello spagnolo.
Insomma, l'accordo raggiunto è sempre più fragile. Qualche parlamentare forzista che maligna: «Alfano e Formigoni? È il gioco delle parti: a loro conviene far saltare l'accordo e tenersi il proporzionale puro senza sbarramento così alto né premio di maggioranza». Possibile. Stessa logica a sinistra: «Ho la sensazione che qualcuno anche nel Pd voglia tenersi il proporzionale puro. E pure il Senato», twitta Davide Faraone.
E c'è pure la «mina» rosa. Il testo base della legge dice soltanto che in ogni lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 50%. E nella successione non ci possono essere più di due candidati consecutivi del medesimo genere. Sufficiente per garantire la pari rappresentanza tra sessi? Niente affatto, anzi. Una delle prime ad accorgersi dell'inghippo è la senatrice azzurra Alessandra Mussolini che ha subito proposto una protesta bipartisan. Al Giornale spiega: «Essendo questa una “legge dei numeri primi”, è evidente che ha buone probabilità di passare solo il primo o, se va molto bene, il secondo della lista. Che al numero tre e quattro ci sia una donna, un cane o un uccello sarebbe uguale». Mussolini contatta quindi le colleghe Valeria Fedeli (Pd) e Laura Bianconi (Ncd) e butta giù una nota congiunta: «Introduciamo il vincolo all'alternanza di genere uno a uno e il vincolo dei capilista». Tutte d'accordo. Da Carfagna a Bergamini, passando per Elvira Savino: «Siano donne il 50% dei capilista». Si smarca Giorgia Meloni, di Fratelli d'Italia: «Il vero problema è la preferenza.

Non è una questione di quote rosa o azzurre: vada avanti chi è più bravo a prescindere dal sesso».

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