Cronache

Ristoranti vietati ai bimbi (tutta colpa dei genitori)

C'è un mondo che rifiuta gli under 10. Ma i veri maleducati sono solo i genitori

Ristoranti vietati ai bimbi (tutta colpa dei genitori)

La nostra ottima Simonetta Caminiti ha ben descritto come stia affermandosi anche in Italia una moda che farà inorridire molti lettori: quella di non consentire l'ingresso in alcuni locali ai bambini sotto i 10 anni. La giornalista cita pasticcerie, villaggi turistici, alberghi, casali eccetera i cui clienti sono pregati di non entrare in compagnia degli eredi più piccini. Questo genere di divieto, in un periodo nel quale si fanno battaglie sacrosante onde permettere ai cani e ai gatti di soggiornare in hotel e di frequentare ristoranti, sembra forse anacronistico e fuori da ogni logica. Invece non è così. Ci sono posti adatti ai fanciullini e altri che, invece, sono riservati agli adulti.
La regola che distingue i primi dai secondi, purché sia chiara, ovvero ben evidenziata, non è poi così balzana: basta considerarla per quello che è, un modo per evitare a chi voglia stare in pace di correre il rischio di essere scocciato da vagiti, pianti, gridolini e strepiti tipicamente infantili. D'altronde non è facile imporre all'infanzia la disciplina del silenzio e del rispetto degli altrui timpani. Lo dico io che ho avuto quattro figli (tra i quali due gemelle dalle corde vocali robustissime e perennemente in azione) e, quindi, m'intendo assai di pargoli molesti, per non dire rompicoglioni.

Confesso. In anni remoti, ossia quando la mia prole attraversava un periodo di esagitazione anche motoria, e non avevo qualcuno cui affidarla allorché decidessi di uscire a cena con mia moglie, condannata ad accudirla, non avevo alternative: dovevo portarmi appresso l'intera carovana. Aggiungo: volentieri.

Quale meta per consumare i fieri pasti non sceglievo però luoghi raffinati, di lusso, dove fosse necessario osservare una certa etichetta in materia di quiete ambientale, bensì trattorie i cui avventori erano notoriamente avvezzi al baccano da loro stessi provocato con chiacchiere ad altissima voce. Sapevo dove andare per far sì che i miei monelli avessero facoltà di esprimere senza freni la loro vocazione a fare casino, senza disturbare chi ne faceva più di loro. Il concetto mi sembra limpido. Fra l'altro, a chi legge consiglio bettole che, nella buona stagione, offrano tavoli all'aperto dove il chiasso è meno irritante in quanto attutito dai classici rumori della natura e non solo: canto di uccelli, frinire di cicale, cori di alpini nostalgici (specialmente in località di montagna), l'urto delle bocce nel gioco delle medesime.

Ho un ricordo indelebile. Dato che sono di Bergamo, il sabato sera rientravo a casa da Milano e usavo caricare in auto la mia famigliona per recarmi in un'osteria di Almenno San Bartolomeo, dove mi riservavano sei posti a sedere sotto un pergolato, dal quale ogni tanto si staccava una foglia che finiva nella minestra; la si toglieva dal piatto e si continuava a mangiare. I bimbi non erano schifiltosi, e i genitori neppure.

La mia truppa ne combinava di ogni colore e nessuno ci faceva caso. Intorno a noi dominava la tolleranza. Mia moglie e io non ci preoccupavamo se i figli più grandi si alzavano da tavola per sgranchirsi le gambe in attesa della successiva portata. La più piccola, scalza e seduta nella carrozzina, rimaneva accanto a sua madre e si limitava, di tanto in tanto, a reclamare una fetta di mela o un pezzo di pane da biascicare.

Il clima paesano - stavo per scrivere bucolico, ma mi veniva da ridere - era perfetto per la mia combriccola. Mai nessuno ci ha rimproverato per qualche strillo di troppo della prole. Non ci saremmo mai sognati di entrare con la nostra banda in un ristorante chic e nemmeno in una pizzeria: non erano locali, questi, idonei a ospitare urlanti rampolli. La consapevolezza di ciò ci imponeva di cercare altrove il sito in cui trascorrere in relativa serenità i nostri poveri (e rimpianti) weekend.

Ecco perché non mi scandalizzo se finalmente anche in Italia si comincia a discriminare: qui cari ragazzi siete accolti e qui no. Se non ci arrivano i papà e le mamme a capire dove conviene evitare di condurre i piccini, provvedano pure i proprietari degli esercizi a segnalare se sono gradite o no le comitive familiari. Ora che sono nonno, e pure bisnonno (da un paio d'anni: ditemi che non ci credete, per favore), amo ancora i bambini. Nel senso che li sopporto volentieri dai due ai quattro minuti al massimo.

Poi toglietemeli di torno.

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