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Senza imprese è tutto inutile

Troppe tasse sulle aziende: così si va in malora

Senza imprese è tutto inutile

Non è una novità che i politici cerchino di suggestionare l'elettorato adottando provvedimenti demagogici o facendo promesse impossibili da mantenere. Matteo Renzi è imbattibile in questa specialità: gli 80 euro che egli ha (provvisoriamente) elargito a coloro che percepiscono fino a 1.500 euro netti mensili ne sono la prova. Ma se non altro il premier in qualche modo quei soldi li ha elargiti, recuperandoli nei meandri del bilancio. I suoi epigoni, invece, nel tentativo patetico di imitarlo si coprono di ridicolo.

È di ieri la notizia che Angelino Alfano (ex delfino di Silvio Berlusconi), ministro dell'Interno nonché leader del minipartito Ncd, pretende che in autunno il governo abbassi le tasse onde dare un aiuto alle famiglie in difficoltà. Che ideona. Si dà il caso che le famiglie in difficoltà siano quelle alle prese con problemi di disoccupazione. Ora mi domando: ma se un tizio è disoccupato, percepisce forse lo stipendio? No, pertanto se ne infischia delle riduzioni fiscali sulla busta paga che non riceve. Costui ha bisogno di un salario per sbarcare il lunario, non di uno sconto sulle trattenute effettuate su una retribuzione che non vede neanche col binocolo.

L'insipienza di Alfano quando tratta di questioni economico-sociali è imbarazzante e dimostra l'inadeguatezza del Nuovo centrodestra ad assumere la guida dei cosiddetti moderati, ormai disorientati dallo spezzettamento (inutile e dannoso, provocato da carrierismo e personalismi disgustosi) del vecchio Pdl. Qualcuno sostiene che Berlusconi sia troppo vecchio per continuare a trainare un partito con vocazione maggioritaria: servirebbe - aggiunge - un capo giovane ed energico, magari addirittura carismatico. Ma se i candidati a subentrare al fondatore sono tipini come Angelino, buona notte. Meglio tenersi l'usato sicuro almeno finché lo lasciano circolare. E pensare che non ci vorrebbe molto a capire - mi rivolgo ancora ad Alfano - che l'unica via per uscire dalla palude non è distribuire soldi da destinarsi ai consumi, bensì agevolare l'attività delle imprese affinché queste siano più competitive, vendano i loro prodotti e abbiano la necessità d'incrementare la manodopera.

Solo le aziende sono in grado di offrire posti di lavoro, e lo Stato avrebbe l'obbligo (anche costituzionale) di creare le premesse della piena occupazione. Come? Semplificando le procedure burocratiche, abolendo l'Irap e l'Ires. In una parola, agevolando e non frenando chi intenda intraprendere. Qui avviene l'esatto contrario. Si combattono gli industriali, piccoli e grandi, nella convinzione che si arricchiscano alle spalle degli operai. E si trascura il fatto che azzerando la speranza di profitto si mandano sul lastrico milioni di persone.

Chiudere stabilimenti, capannoni, negozi eccetera comporta numerosi licenziamenti. Cosicché si viaggia veloci verso la catastrofe. O si comprende che la ripresa deve partire dalla volontà di fare dei padroni oppure, se essi saranno ancora frustrati, si trasferiranno altrove, nei luoghi in cui l'ambiente non è ostile all'impresa. E l'Italia andrà in malora. È sulla buona strada per andarci.

Sono noti i limiti della sinistra: la sua storia è caratterizzata dall'anticapitalismo intrecciato con il pauperismo cattolico. Renzi fa i conti con questa mentalità retrograda. La destra, se fosse più libera da pregiudizi, avrebbe l'opportunità di costruire ciò che gli avversari hanno sempre demolito: un'economia di mercato pulita ed efficiente.

La sola che ci può salvare.

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