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Spread a quota 300 Monti gongola ma non è merito suo

Lo spread sui nostri titoli è sceso al di sotto dei 300 punti. Nel novembre 2011 era arrivato addirittura a 574 punti. Ora è quasi dimezzato. La ragione è che, sui mercati, si sta riconoscendo che era errata la tesi che era stata adottata da colossi finanziari come l'americana Citibank e le inglesi Rbs (Royal Bank of Scotland) e Barclays di un crollo imminente dell'euro, dovuto all'uscita della Grecia entro il 2012 e della Spagna l'anno prossimo, che avrebbe trascinato con sé il Portogallo e sarebbe poi stata seguita dall'Italia. A sostenerlo erano due fra i più autorevoli economisti mondiali specializzati nei mercati finanziari, ossia Nouriel Roubini e William Buiter. Ora il Wall Street Journal, in un ampio e argomentato articolo, spiega che tale tesi, che aveva il sostegno teorico di molti economisti keynesiani, è errata. E constata che Citibank mette il crollo della Grecia nel 2014 con probabilità del 60% per evitare di ammettere che aveva preso una cantonata. Aggiunge che la Spagna, contro le aspettative, ha ora un attivo nel commercio estero, pur dovendo operare con il cambio intorno a 1,30 dollari per euro, avendo realizzato una «svalutazione interna» dei costi, soprattutto per il lavoro. Ciò riduce il suo debito pubblico estero, rassicurando i mercati.
Le ragioni per cui si dava credito al crollo dell'euro, in effetti, erano due: quella che la Bce, a differenza delle altre grandi banche centrali, non può finanziare i disavanzi degli Stati come creditore di ultima istanza comprando il loro debito pubblico se il mercato smette di farlo; e quella per cui se uno Stato in difficoltà fa parte dell'euro non può svalutare la moneta per rimediare alla sua crisi, dato (...)

(...) che il cambio è quello fisso, determinato dalla competitività internazionale delle economie più efficienti. Le due tesi portavano alla conclusione che l'euro non può reggere perché l'Europa non è una federazione, ma una unione di Stati sovrani che cooperano fra loro. I fatti lo smentiscono. Infatti, la Spagna mostra che è possibile migliorare la bilancia con l'estero senza svalutare la moneta e qualcosa di simile - anche se non ancora in misura adeguata - sta accadendo all'Italia, che partiva da una situazione migliore, ma aveva perso quota sui mercati internazionali con la crisi.
Inoltre la Bce può fare molte cose, per gli Stati con crisi debitoria, e difendere l'euro, nonostante il divieto di finanziare i deficit di bilancio. Lo scorso marzo lo spread sui nostri titoli era sceso a 290, grazie ai crediti concessi dall'Eurotower alle banche al tasso dell'1% in cambio di garanzie sotto forma di titoli pubblici e obbligazioni bancarie e industriali e crediti di vario tipo verso i privati. Le banche con questi prestiti avevano comprato titoli pubblici a più elevati rendimenti e i tassi di questi erano scesi, facendo diminuire lo spread con i bond tedeschi. Poi Draghi ha lanciato la Omt (Outright monetary transaction), ovvero l'operazione finanziaria a oltranza, che è il fratello buono delle operazioni di acquisto di titoli dei governi in deficit, condotte dalla Banca centrale Usa e da altri Stati che agiscono come creditori di ultima istanza. La Bce farà questi acquisti solo per titoli a breve termine, solo per gli Stati che si avviano all'equilibrio di bilancio e che accetteranno il controllo sulla loro condotta del Fondo monetario, dell'Unione europea e della Bce. Così non violerà la regola del divieto di finanziare i bilanci in deficit, ma difenderà l'euro dal crollo.
Il governo Monti ha adottato una cura da cavallo mediante un aumento di imposte e riduzioni di spese, per arrivare presto al pareggio del bilancio. Ma lo spread era tornato ancora a 350 punti, perché valeva ancora la tesi del crollo partendo dalla Grecia. Ora questa riceve nuovi aiuti e non esce dall'euro, grazie a una serie di espedienti. E si comincia a capire che anche una unione fra Stati sovrani può avere una moneta unica, se ciascuno adotta una regola di quasi pareggio del bilancio e misure per i salari flessibili. In sostanza si capisce che se non si seguono regole di sinistra sociale e sindacalizzata, ma regole liberali che fondano la socialità sulla solidità del mercato, l'euro ce la può fare e in esso si può prosperare.

segue a pagina 3

Gatti e Signorini alle pagine 2-3

di Francesco Forte

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