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Gli strani aiutini di Fini e Tarantola alla banca rossa

Barbato rivela: "Il leader di Fli si oppose all'audizione alla Camera". Bankitalia, Trani fa luce sul ruolo dell'ex presidente della Vigilanza

Gli strani aiutini di Fini e Tarantola alla banca rossa

Ma chi controlla i controllori? Ultimamente parecchie procure, non solo quella di Siena, sono al lavoro sui misteri miliardari di Mps. Da ieri c'è anche Roma, che indaga per aggiotaggio.
Da prima c'era (e ancor oggi c'è) Trani con indagini su Bankitalia e la direzione Vigilanza all'interno di Palazzo Koch, fino al 2012 guidata da Anna Maria Tarantola, poi chiamata da Mario Monti a presiedere la Rai. Se i magistrati senesi hanno sentito la Tarantola come persona informata sui fatti per Mps-Antonveneta, la procura pugliese ha indagato la stessa Tarantola insieme ad altri sette ispettori di Bankitalia (tra i quali Simonetta Iannotti e Stefano Mieli) per una storiaccia di derivati tossici. L'ipotesi d'accusa? Non aver segnalato alle autorità competenti (ossia alla Consob) «fatti rilevanti ai fini della inibizione della commercializzazione in danno di terzi» dei derivati e, «con tale condotta omissiva» aver favorito «la vendita illecita dei prodotti finanziari Irs (interest rate swaps)» poi sequestrati dalla Gdf per importi spaventosi. Ma derivati di quale banca? Proprio Mps, insieme al Banco di Napoli (gruppo Intesa SanPaolo).

Nell'atto conclusivo dell'inchiesta ci si rifà a una vecchia nota del 2 marzo 2007 inviata alla Consob dove la Tarantola affermava di non procedere a sanzioni «per l'inesistenza di presupposti per l'emissione di qualsiasi provvedimento a carico del controllato» che così - sostiene la procura di Trani - «se ne avvantaggiava». Un modus operandi anomalo, a detta degli inquirenti. Che ha costretto Mps ha risarcire gran parte dei risparmiatori danneggiati nel tentativo, «riuscito finora per l'80 per cento dei ricorrenti truffati» - spiega un investigatore - di far loro ritirare le querele e far abortire l'inchiesta. «Un triangolo omertoso tra Abi, Bankitalia e Consob», ha tuonato al riguardo il parlamentare Lannutti «che ha determinato il buco di 15,4 miliardi di euro di buco del Monte dei Paschi».

Al di là dei rapporti pericolosi emersi nella precedente scalata Antonveneta con Giampiero Fiorani che a Lady Vigilanza regalò servizi da te, orologi Cartier, vassoi e posate d'argento, bracciali di Tiffany e Pomellato, in una delle 22 interpellanze sulla Tarantola, Lannutti si chiede se sia stata «nominata in Rai dopo aver inviato una ispezione alla Banca Popolare di Milano, allora gestita da Ponzellini, a cui Grilli chiedeva i buoni uffici per ricoprire la carica di governatore. Non è strano che poco dopo venga scelta dalla Rai, il cui azionista è il Tesoro, cioè proprio lo stesso Grilli? Bisogna rompere l'intreccio incestuoso tra banche e Bankitalia, nel senso che le banche sono azioniste di Bankitalia, che poi dovrebbe controllarle».

Quanto basta per chiedere almeno una audizione dei vertici di Bankitalia, dopo quella di Grilli. Richiesta fatta (audizione della Tarantola, ma anche del governatore Visco e del predecessore, Draghi), in commissione Finanze della Camera, dal deputato Franco Barbato, ma senza successo. Di traverso si sono messi il Pd, che ha chiesto tempo (sarà forse l'imbarazzo per la vicenda Mps?), ma soprattutto i deputati di Fli, nella persona del capogruppo Della Vedova, finiano candidato con Monti. E siccome la norma prevede che la richiesta di audizione passi soltanto se c'è l'unanimità, niente da fare, la presidente Rai può restare in Rai senza spiegare nulla. «È stato Fini a dire di no alla audizione di Bankitalia, me lo ha detto una fonte molto autorevole in Commissione» rivela Barbato al Giornale.

Un cadeau per Mario Monti, casualmente unica speranza dei finiani di rivedersi in Parlamento.

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