Politica

Da tecnico a politico Le giravolte di Monti

Da quando si è candidato, il Prof ha cambiato idea sull'Imu e sulle tasse. Ha modificato il linguaggio e ha attaccato tutti

Da tecnico a politico Le giravolte di Monti

Il sempre attuale Aldous Huxley scriveva che "le sole persone perfettamente coerenti sono i morti". Mentre Guido Morselli sosteneva che "negli uomini, non esiste veramente che una sola coerenza: quella delle loro contraddizioni". Mario Monti conferma la prima citazione e rispecchia pienamente la seconda. Perché la transizione da tecnico a politico è stata irta di giravolte, cambiamenti di opinioni, diversità di comportamenti e stravolgimento del linguaggio. Una metamorfosi kafkiana che non è passata inosservata.

Sono finiti i tempi del politically correct, della moderazione e della pacatezza dei toni. Se da tecnico il bocconiano ponderava le sue dichiarazioni nei confronti dei suoi avversari (in realtà collaboratori, in quanto sostenevano la sua maggioranza), da quando ha indossato i panni del politico ha sfoderato attacchi a destra e a sinistra.

Berlusconi? "Faccio fatica a comprendere la linearità del suo pensiero". Bersani? "Tagli le ali estreme e silenzi Fassina". Passando per le battute sulla statura di Renato Brunetta, per gli attacchi ad Alfano, alla Cgil e a Nichi Vendola, fino ad arrivare alle critiche al precedente governo di "irresponsabili".

Parole e verbi che Monti difficilmente avrebbe usato nel pieno della sua attività di governo. Ma la campagna elettorale, si sa, è un'altra cosa. Il Prof lo ha capito. E lo ha dimostrato in quest'ultimo periodo. Dall'illusorio e unilaterale dialogo coi cittadini su Twitter alle comparsate televisive a Uno Mattina, senza dimenticare il tentativo di mostrarsi più umano e simpatico agli occhi degli italiani. E così non bisogna stupirsi se il senatore citi il nipotino "Spread", se confessi di tifare Milan, di amare il canto, anche se è stonato, e le barzellette, seppur ammettendo che il Cavaliere sia più capace di lui a raccontarle.

Ma la metamorfosi del Prof si nota soprattutto sui temi più importanti della campagna elettorale. A partire dall'Imu, l'odiosa tassa il cui peso e la cui responsabilità sono state scaricare da Monti sul precedente governo. Al di là della menzogna (Berlusconi introdusse l'imposta il 14 marzo 2011 limitandola agli immobili diversi dalla propria abitazione e rinviandone la riscossione al 2014), è palese il tentativo del premier dimissionario di screditare le dichiarazioni e gli attacchi del Pdl sull'Imu.

Non si spiegherebbe altrimenti allora il fatto che il bocconiano abbia accusato lo stesso Pdl di averla votata nel decreto Salva Italia, omettendo però che il 18 dicembre scorso, giorno del sì definitivo alla Camera, votarono a favore 309 deputati tra Pd, Pdl e Udc.

Ma la giravolta più evidente, sempre sull'Imu, riguarda la possibilità di modificarla. Nel giro di qualche mese, infatti, l'opinione di Monti è radicalmente cambiata. Se prima era da folli toccare l'Imu perché il governo futuro sarebbe stato costretto a raddoppiarla, adesso si scopre che va modificata.

È un Monti che disfa per poi fare. Resta lui però il protagonista. Anche sulle altre tasse. A capo del governo ha inondato il paese di rincari e di nuove balzelli, salvo adesso paventare la possibilità di ridurre di un punto l'Irpef e di congelare l'aumento dell'Iva. Tutte cose che prima, ministri del suo esecutivo, consideravano impossibili da realizzare.

La sensazione è che Monti stia scaricando sugli altri i suoi fallimenti per arrogarsi il diritto di essere l'unico a poter mettere le cose a posto. Il tutto accompagnato da una strategia di "pulizia" della sua immagine: "Voglio il bis per dimostrare agli italiani che non sono un tassatore cattivo".

E che dire del rapporto privilegiato con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano? Cambiato anche quello. Perché i richiami del Colle sulla riforma della legge elettorale, sulla conclusione ordinata della legislatura e sul rimanere super partes sono stati disattesi. Non per nulla, il primo punto programmatico lanciato da Monti su Twitter è stato: "Cambiare l'indegna legge elettorale". E poi su quella che lui definisce "salita" in politica (giacché lui si è definito "la scala di ingresso per la società civile"), i balletti sono stati caraibici.

L’8 settembre 2012 Monti dichiarò che il suo "orizzonte personale in questa attuale e strana occupazione finirà ad aprile 2013". Il 26 settembre continuò dicendo che "non correrò alle elezioni, sono stato nominato senatore a vita". Il 18 novembre: "Nessuno mi domanda un impegno oggi e oggi non do alcun impegno”. Il giorno seguente: "Quelli che verranno dopo di me saranno governi responsabili e faranno ancora meglio per far progredire l’economia sulla strada del risanamento e delle riforme”.

Dagli inizi di dicembre, poi, ecco che la metamorfosi comincia a realizzarsi: "Rifletterò su tutte le possibilità, nessuna esclusa”; "Il mio futuro in politica? Ora non lo so”; "Io in politica? Ora sono più libero, ma tutte le ipotesi restano aperte”. E così via fino alla candidatura con Fini e Casini. E pensare che l'ex presidente della Bocconi aveva più volte annunciato il bisogno di cambiare la politica italiana, di rinnovarla, di abbandonare le vecchie logiche partitiche. Come possa farlo imbarcando Fini e Casini resta un mistero. O meglio, una contraddizione. Insomma, altro che Lega e Idv.

Il migliore oppositore di Monti è Monti stesso.

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