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La verità? Si è felici a casa propria

Vi ricordate di Dorothy Gale? Certo. Magari non solo per quel vecchio film del 1939, con Judy Garland che canta Over the Rainbow e se ne va in giro con uno spaventapasseri (che vuole un cervello), un boscaiolo di latta (che vuole un cuore) e un leone piuttosto codardo (che vuole il coraggio). Ve lo ricordate perché qui si sta parlando del Mago di Oz. Se vi chiedono dove si vive meglio, se vi dicono Roma o Milano, New York o Las Vegas, rispondete come lei, come Dorothy. «Nessun posto è bello come casa mia».
Lo sa bene anche quel vecchio vagabondo di Odisseo, che ci ha messo vent'anni per tornare a casa, ma alla fine ha sfidato il destino per ritrovare la petrosa Itaca. Magari ha perso un po' di tempo a raccontare la sua storia in ogni porto. Ha tirato un brutto scherzo a un ciclope nervoso. Se l'è spassata con l'acerba Nausica dalle bianche braccia e con gli incantesimi di Circe, ma alla fine ha ritrovato se stesso nello sguardo del suo cane, di Argo, l'unico tra l'altro a riconoscerlo senza neppure aprire gli occhi. Lo sa quel mostriciattolo di E.T., con la mano verso il cielo e quel lamento straziante: telefono, casa. Lo sappiamo noi ogni volta che ci torna in mente un'immagine perduta, un sapore, un'illuminazione che ti insegue in ogni parte del mondo, come un già visto, un già vissuto. È che per riconoscere la tua città ideale devi partire. Devi andare a cercarla. Devi virare verso l'isola che non c'è, seconda stella a destra. Devi perderti e amare tutti i posti in cui sei stato, perché ogni tappa ti porta a riconoscere casa. Casa non è necessariamente il posto in cui sei nato. Casa è il posto che stai cercando, quello che pensavi di aver perso. Casa è il luogo dove vuoi tornare. Casa è un baricentro. È la voglia di sedersi ed aspettare. È il fermento che si placa e per qualche tempo non ti fa dire: voglio andare lontano. Casa è il mondo che ti sembra piccolo e ti fa paura. La stessa che anni prima ti sembrava una prigione e solo adesso ti accorgi che quelle grate non erano sbarre, ma passaggi segreti per arrivare in fretta dall'altra parte dell'universo. Casa è dove hai lasciato qualcosa di incompiuto, di non definito, un debito, un senso di colpa, un addio non dato. È casa Milano, se ci vai quando ti stai ipotecando il tuo futuro e ti lasci alle spalle tutto quello che avevi per giocarlo su una ruota diversa. E scopri che questa città fredda e senza cielo ti accoglie un po' alla volta, non per diffidenza, ma forse per timidezza, perché non ama aprirsi al primo che passa, ma ti seduce piano, aprendo i suoi cortili, lì dove comincia un altro mondo segreto, meraviglioso. Una città che non fa promesse che non può mantenere, ma che stringe con te un patto d'onore: quello che semini non sarà perduto. Non ti illude Milano, ma non t'inganna. È casa Roma quando la conosci. Quando sai perdonare i suoi tradimenti. E l'accetti così com'è, bella e sfacciata, con i baristi che non capiscono la tua fretta da contagio milanese e continuano a chiacchierare mentre aspetti il caffè. È casa Roma quando non guardi il palazzo, ma ritrovi gli anni perduti e scommetti su nuovi amori. È casa se sai ripartire. È casa il paese. Perché adesso non ti sembra più ai confini del mondo.

Perché in fondo, come diceva Pavese, un paese ci vuole, non fosse altro per il gusto di andarsene via.

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