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Vita da recluso, in fuga da morto: la salma dell'ex Ss verso Berlino

La bara lascia nella notte Pratica di Mare, forse per la Germania. Secondo i tedeschi devono decidere i figli. Che però tacciono

Vita da recluso, in fuga da morto: la salma dell'ex Ss verso Berlino

È senza dubbio un morto scomodo, l'ex ufficiale nazista Erich Priebke. Paradossalmente più scomodo da defunto che in vita. Per diciotto anni ha vissuto a Roma, prima in carcere, poi nel quartiere Boccea, dove ha passato ai domiciliari gli ultimi lustri della sua esistenza. Da quando è spirato a cent'anni suonati, venerdì scorso, la sua salma sembra più scottante di una scoria radioattiva, e tutti hanno fatto a gara a prendere le distanze dal cadavere di Priebke. Che, in vita, passeggiava per le vie di Roma con la badante senza mai un problema, una contestazione, un'aggressione, e da morto viene assaltato mentre tenta - suo malgrado - di arrivare al suo funerale, peraltro poi annullato.

Dal giorno della sua scomparsa tutti - il sindaco di Roma Ignazio Marino, le gerarchie vaticane, persino l'Argentina, dove aveva vissuto in pieno sole per 46 anni indisturbato - hanno «scomunicato» quel corpo, in una escalation di tensione certo non aiutata dalla «pubblicità» data sia alla dipartita che alla «ricerca» di un luogo per le esequie. Tensione culminata, due giorni fa, nel «non funerale» di Albano Laziale, finito senza gloria in una mezza guerriglia, tra calci, sputi, sconti tra antifascisti e fascisti e cariche della polizia mentre Priebke, sempre ben morto nella sua bara, usciva di notte, di nascosto e di corsa in un furgone celestino della polizia, preso a bottigliate dai manifestanti e diretto, appunto, a Pratica di Mare. Ieri, ancora di notte, il corpo dell'ex ufficiale condannato all'ergastolo per l'eccidio delle Fosse Ardeatine è stato un'altra volta trasferito. Mentre si attende di conoscere la sua destinazione finale (probabilmente la Germania, ma anche Berlino non la fa facile), il «funerale» lascia strascichi polemici e giudiziari che investono i vivi. Il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, che aveva imposto per ordinanza la mancata cerimonia dai preti lefebvriani di Albano, è sulla graticola. Apertamente contestato dai manifestanti, è al centro di un'interrogazione di Sel, che chiede ad Alfano di riferire sul suo operato. Il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero, ne chiede le dimissioni. Lui, Pecoraro, si difende, e rivendica il merito di aver fermato il funerale «che rischiava di trasformarsi in un nazi-raduno». Intanto, la procura di Velletri indaga sugli scontri di Albano, ipotizzando i reati di violenza, resistenza e lancio di oggetti contundenti, e delegando alla Digos l'analisi dei filmati per identificare i violenti.

Tornando al protagonista della vicenda, Priebke almeno fino a oggi dovrebbe restare in sosta nell'aeroporto militare sul litorale laziale. Che la destinazione sia la Germania è ancora un'incognita. Berlino non chiude la porta, ma lascia la palla all'Italia e agli eredi: finora ci sarebbero stati solo «contatti informali», non «richieste ufficiali», e a chiedere di tumulare in patria Priebke dovrebbero essere i figli, Jorge e Ingo. Non sono venuti a Roma per il funerale e non avrebbero né chiesto la salma né fornito indicazioni su luogo o tipo di sepoltura. L'unico interlocutore della fu-SS resta il suo legale, Paolo Giachini, che pur avendo rimesso il mandato dopo aver stoppato il funerale, ieri ha aperto all'ipotesi-cremazione «se la famiglia stabilisse di affidarsi alle mie decisioni». A quel punto, forse, a lamentarsi sarebbe la comunità ebraica.

Che attribuisce il caos di Albano proprio a Giachini, definito «un millantatore».

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