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"In Italia pochi rischi, negli Usa andate solo se è necessario"

Il sottosegretario alla Salute: "Sconsigliamo i viaggi in Messico. Pronte 40 milioni di dosi antivirali". Volantini negli aeroporti

"In Italia pochi rischi, negli Usa andate solo se è necessario"

Volantinaggio negli aeroporti, antivirali già confezionati e pronti all’emergenza, assessori alla Sanità e medici sentinella allertati, vaccino allo studio. L’Italia si prepara a bloccare un’eventuale pandemia da influenza suina che per ora è allo stato di pre-allerta. Ma, intanto, il sottosegretario alla Salute, Ferruccio Fazio, invita alla cautela. A cominciare dai viaggi. «Noi sconsigliamo agli italiani di recarsi in Messico».

E negli Stati Uniti?
«Consigliamo di andarci solo se è necessario. Intanto distribuiamo volantini con le raccomandazioni anche a viaggiatori provenienti dagli Stati Uniti. È comunque una precauzione, perché sembra che i cittadini americani si siano tutti infettati in Messico».

Dunque, professore, la situazione è seria?
«È seria, anche se come cittadino non sono preoccupato. Nel nostro Paese il rischio è basso, ma ovviamente mi sto attivando perché la macchina dell’emergenza sia ben oliata».

E lo è?
«Assolutamente sì. L’unità di crisi è scattata. Abbiamo i nostri medici sentinella, quelli che si occupano anche dell’influenza stagionale, già allertati».

Ieri anche in Spagna e in Francia sono stati segnalati casi sospetti.
«Sospetti, appunto. Stiamo a vedere. Anche a Roma c’è stata una segnalazione, ma è risultata falsa. E comunque sono anni che nell’Unione europea ci stiamo organizzando per arginare un’eventuale pandemia».

Come si sta preparando l’Italia a una simile eventualità?
«Abbiamo 40 milioni di dosi di antivirali specifici, sufficienti per contrastare i peggiori effetti della febbre suina. Inoltre, i medici sono in grado di assicurare il controllo virologico e sindromico su tutto il territorio nazionale».

Ma come ci si accorge che si è infetti?
«I sintomi sono analoghi a quelli dell’influenza. Soltanto che questa forma è più insidiosa perché attacca i polmoni».

Quali sono le precauzioni che prenderete per chi arriva dal Messico e dagli Stati Uniti?
«Stiamo già distribuendo volantini con le raccomandazioni destinate a tutti i viaggiatori provenienti dai Paesi a rischio. A chi ritorna dal Messico, dal Texas o da altre zone nelle quali ci sono già stati casi di febbre suina. Se qualcuno avverte sintomi influenzali è meglio che si faccia controllare subito. Inoltre, suggeriamo a chi è in partenza per questi Paesi a rischio, di evitare situazioni di grande affollamento, come i mercati o le sale cinematografiche, dove c’è più rischio di contagio».

Non sarebbe meglio una visita sanitaria fatta a Fiumicino o a Malpensa per i viaggiatori in arrivo?
«Lo fanno in Giappone: lì misurano la temperatura. Ma nell’Unione europea è stato deciso di no. E noi siamo d’accordo».

Perché?
«Non serve a nulla. Sarebbe tutto troppo macchinoso e caotico. E con la Sars hanno evitato i controlli proprio quei passeggeri infetti».

Ma nessuno ha pensato a una chiusura delle frontiere messicane?
«Sono misure talmente gravi che solo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità può decidere. Comunque siamo ancora in fase “3+”, dove si comincia a considerare possibile il contagio tra uomini».

Come avviene il contagio?
«Attraverso l’aria. Però i decessi sono avvenuti soltanto in Messico, dove probabilmente il fenomeno è stato inizialmente sottovalutato. Negli Stati Uniti, per esempio, i casi sono stati benigni, cioè sono stati prontamente arginati».

Se la situazione dovesse peggiorare?
«Stiamo studiando le strategie vaccinali da mettere eventualmente in atto tra qualche giorno».

Ma il vaccino non c’è.
«Certo, non esiste ancora. E la cosa singolare è che questa influenza colpisce i giovani tra i 25 e i 40 anni. Forse perché gli anziani e i bambini sono parzialmente difesi dai vaccini della normale influenza».

Come arginare l’immancabile psicosi dei pericoli per la carne di maiale?
«Ma per carità, questa paura è assolutamente ingiustificata. Noi non importiamo carne dal Messico e quindi non esiste nessuno spazio per pensare che i maiali dei nostri cinquemila allevamenti nazionali non siano sicuri. Inoltre, l’influenza suina si prende prima da contagio dal maiale, e poi da uomo a uomo. È un virus nuovo, che non si conosce moltissimo, ma sicuramente non si prende mangiando carne cotta di maiale. Semmai, c’è più pericolo a stare vicino a un macellaio».

Perché un macellaio?
«Se ci fosse carne infettata, il contagio tra animale e uomo avverrebbe attraverso le mucose nasali e non mangiando la carne, se viene cotta».

E gli insaccati?
«Mangiate sia prosciutto sia salami.

Tranquillamente».

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