Politica

L’intervento/I furbetti della passerella che sfruttano la stampa libera

Sabato scorso nella Capitale è partita la kermesse dell’alta moda, e sono iniziate le sfilate, ma l’unico abito che ha fatto parlare di sé, fotografato su tutti i giornali, che ha fatto notizia e provocato scalpore è stato un magnifico modello presentato dalla casa Gattinoni. Un abito che comunica. E confezionato per comunicare.
Tutto bianco e lungo fino ai piedi, completo di corpetto scollato, strascico, velo di tulle bordato di struzzo. Confezionato artigianalmente e rigorosamente a mano, ricoperto da micropaillettes luccicanti e decorato interamente con pagine di giornale e con la scritta «stampa» in neretto e ingrandita impressa sull’abito all’altezza delle ginocchia. La stupenda modella che lo indossa è nera ed è fotografata diritta in piedi avvolta in contrasto nella nuvola bianca, come fosse un’apparizione celestiale, e come tutti gli angeli è muta. Ma forzatamente muta poiché ha sulle labbra un bavaglio, bianco anch’esso, una fascia che le impedisce vistosamente di parlare.
L’abito della collezione andrà in passerella il 12 luglio, a Roma al Casino dell’Aurora, ma intanto la sua foto è stata anticipata per pubblicizzare un magnifico lavoro fatto di preziosismi inebrianti e di sperimentazioni tessili, ma soprattutto per diffondere, un messaggio politico. È la prima volta che uno stilista manda un segnale così forte e provocatorio, di protesta e di dissenso contro una legge (la ormai famosa «legge bavaglio» sulle intercettazioni) che sta per essere presentata nell’Aula di Montecitorio alla fine di luglio.
La maison Gattinoni, insieme al suo presidente Stefano Dominella e al suo stilista Guillermo Mariotto, ha mandato un messaggio - che avrà una eco anche internazionale - inneggiante alla libertà di stampa in Italia, e in difesa della libertà di parola, della libertà di conoscere, di sapere e di essere informati.
Evidentemente i signori in questione non hanno alcuna privacy da difendere, né alcun comportamento sessuale da nascondere, né alcuna frequentazione insolita da tenere privata, né batterebbero ciglio nel leggere sulla stampa impressa nei loro abiti le loro eventuali conversazioni telefoniche, sempre private, sul tema in questione. Per rafforzare il loro messaggio, in Italia e nel mondo intero, potrebbero far stampare sul bordo posteriore del candido strascico, anche il prezzo al pubblico della magnifica opera. Così noi patiti della moda, prima dell’eventuale acquisto, potremo essere informati dalla libera stampa, senza censura alcuna.
Ci piacerebbe, inoltre, conoscere anche il valore del ricarico che gli stilisti hanno sulle loro creazioni, visto che siamo sempre noi, i consumatori incalliti, che le compriamo e, di conseguenza, li arricchiamo. Naturalmente, l’arte non ha prezzo, ma la sua pubblicità sì. Ha un suo costo ed un suo ricavo, e non vorremmo che fosse ritirata dai giornali da quegli stilisti che già in passato lo hanno fatto per protesta, proprio contro la «libera stampa», le libere critiche e libere opinioni, o per aver sollevato dubbi sulla loro correttezza fiscale. Anzi, in alcuni di questi casi non si è trattato nemmeno di opinioni ma di semplice, sacrosanta e sempre libera speriamo, informazione.


Aspettiamo tutti quindi di leggere il prezzo stampato, con Iva o senza non importa, o in alternativa ci accontenteremo anche se fosse solo riportato nella didascalia sotto la famosa foto. O volete farci credere, cari stilisti, che la libertà di stampa per voi non ha prezzo?
*Parlamentare Pdl

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