Letteratura

Tutti gli scrittorini che non spiccano il volo invidiano Fabio Volo. E lui tiene i piedi per terra

Tutti gli scrittorini che non spiccano il volo invidiano Fabio Volo. E lui tiene i piedi per terra

Ascolta ora: "Tutti gli scrittorini che non spiccano il volo invidiano Fabio Volo. E lui tiene i piedi per terra"

Tutti gli scrittorini che non spiccano il volo invidiano Fabio Volo. E lui tiene i piedi per terra

00:00 / 00:00
100 %

Ma che è, Fabio Volo?», è ormai un luogo comune tra letterati per indicare il peggio del peggio del commerciale, del banale.
Come se Fabio Volo volesse essere Beckett, e come se i suoi detrattori lo fossero. È una cosa su cui riflettevo leggendo il suo ultimo romanzo, Tutto è qui per te, edito come sempre da Mondadori. Una storia semplice, senza pretese, che ha al centro Luca, un uomo come tanti, che però ha la specialità delle sorprese, sorprendere le donne di cui si innamora con cene a sorpresa, regali a sorpresa, viaggi a sorpresa, sorprese a sorpresa. In tutto questo, seguendo il percorso di Luca, tra delusioni, ricerca di un nuovo amore a Parigi, ripescaggio di un vecchio amore (si può cercare di riprendere un grande amore passato, dopo averne passati tanti dopo che erano peggiori, cercando di farlo di rivivere?), mi sono sorpreso anche io di una cosa, e cioè di trovarmi a pensare: ma perché tutti gli intellettualini vecchi o giovani ma già ammuffiti da Premio Strega, da Premio Campiello, da Premio Stocaz.., pardon, ce l’hanno con Fabio Volo?

Scrittura basic, d’accordo, ma molto meglio di quella di Baricco, o di De Luca, o dei montanari Cognetti e Corona, che si illudono di fare letteratura. Senza considerare i tanti impegnati nel sociale, nel femminismo, nel femminismo rilegato in libro che finisce in politica come Valerio Chiara, che ha preso l’eredità della Murgia per dire che tutti i maschi sono stupratori (ma vada a quel paese).

A me sembra più impegnato Fabio Volo nel farsi i cavoli suoi e servirli ai suoi lettori come clienti fissi di una trattoria genuina, che gli altri a farsi i cavoli a merenda tra compagni di merende scadute che scrivono e dicono le stesse cose. Cito Aldo Busi: «È ben triste scrivere per vendere, sacrificare tutto il resto, e poi non vendere». Tuttavia ci dev’essere un’invidia freudiana, non del pene ma di Volo: se credono di puntare così in alto, e Volo secondo loro vola così in basso, perché dovrebbero invidiarlo?

Perché sono dei Volo mancati. Io, come scrittore, non mi sono mai rapportato che a Proust o Beckett o Bernhard, mai invidiato nessuno, loro si rapportano tra di loro e Volo, è il loro alibi per non sentirsi mediocri. Perfino dei tanti autorini underground, fanno i fighettini tra gli sfigati (penso a Gilda Policastro o Alfredo Palomba e tanti altri), i quali appena qualcuno, per dire, li candida allo Strega, esultano di felicità, tranne criticarlo quando vengono fatti fuori alla prima scrematura. Quanto alle banalità, idem, ce ne sono molte più e peggio nei letterati italiani che non in Volo: pur nell’estrema semplicità, non casca mai nel kitsch (e oltretutto è una semplicità onesta, e l’arte della semplicità senza cliché è superiore a quella della complicazione che ti riporta solo a se stessa, e cioè riportandoti solo alla fiera della vanità degli autori: molte pere da presentare in una presentazione e poche opere vere che si presentino da sole).

Insomma, signore mie: mentre leggendo Corona trovate metafore come «la luce della luna che entra dalla finestra come un camoscio che salta l’ostacolo», in Volo, volando e sfarfalleggiando tra una relazione finita e un’altra che sta per cominciare e sapendo già di finire male, trovate pensieri come questo: «Ho accettato di passare quei giorni con te anche se era chiaro che eri la cosa sbagliata di cui avevo bisogno». Mentre Baricco vorrebbe ragionare sui massimi sistemi invadendo le librerie del suo western metafisico che ti fa cadere gli attributi sotto terra, Volo ti parla semplicemente di questo Luca, uno come tanti, e d’amore, una cosa come tante, tanto semplice quanto complicata (e non a caso, insieme alla morte, il tema principale di tanta letteratura, perché è lì che gira la nostra vita), dove, per esempio, a lei viene da dire: «per me la cosa più dura non era rinunciare al passato, ma al futuro che mi ero immaginata conte».

Quindi, per farvela breve, se attraversate una libreria e siete confusi tra le montagne di Corona o Cognetti, o le montagne di libri di Alessandro Baricco o Valerio Chiara, e volete leggere qualcosa di leggero ma che non vi faccia perdere il tempo perduto senza ridarvelo in termini di profondità come farebbe Proust, seguite il mio consiglio: Volo tutta la vita.

Commenti