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Per arginare la rabbia montante dell’ala pacifista contro il sì all’ampliamento della base americana di Vicenza, ieri da Sofia il presidente del Consiglio Romano Prodi ha affermato: «Sulla vicenda il precedente Governo ha tenuto un iter troppo riservato: io non ne sapevo assolutamente nulla. Credo che queste decisioni vadano prese rendendo partecipe l'opinione pubblica».
È credibile Prodi? No. Il governo dell’Unione era ben informato sui piani della Difesa americana e conosceva perfettamente gli accordi presi dal precedente governo. Il Parlamento aveva discusso la questione e il ministro della Difesa Arturo Parisi aveva dato risposte chiare sul tema.
Ecco la prova: il 27 settembre 2006 alla Camera dei Deputati si svolgeva un question time su una serie di interrogazioni presentate proprio da parlamentari dell'Unione. Questi i titoli: intenti del Governo sul progetto di raddoppio della base statunitense presso l'aeroporto Dal Molin di Vicenza (Galante, Comunisti italiani); orientamenti del Governo sulla costruzione di una nuova base americana presso l'aeroporto Dal Molin di Vicenza (Trupia, Ulivo); notizie sulla destinazione della nuova struttura militare statunitense progettata presso l'aeroporto Dal Molin di Vicenza (Deiana, Rifondazione comunista).
Dunque, nonostante Prodi «non ne sapesse nulla», i suoi parlamentari erano ottimamente informati su quanto si muoveva a Vicenza. Andiamo avanti. Alle interrogazioni quel 27 settembre il governo risponde. E lo fa con l’autorevole voce del ministro Arturo Parisi, titolare della Difesa, nonché grande confidente del premier.
Parisi con il piglio del tamburino sardo risponde così a Galante: «L'interrogazione dell'onorevole Galante ripropone la nota questione della richiesta del Governo statunitense per l'utilizzazione dell'area civile dell'aeroporto Dal Molin, ai fini dell'accorpamento della 173ª brigata presente a Vicenza». È vero che il nostro è un Paese senza memoria storica, ma come può «una nota questione» diventare dopo quattro mesi «un iter troppo riservato»?
Dimostrando di conoscere molto bene il dossier Vicenza, Parisi spiegava a Galante che «a tutt'oggi, con la controparte Usa non sono stati sottoscritti impegni di alcun genere. La disponibilità di massima manifestata dal precedente Governo non si è tradotta, infatti, in alcun accordo sottoscritto». L’interrogante cita una riunione propiziata dal ministero della Difesa, tenuta il 6 luglio precedente con militari italiani, americani e il sindaco di Vicenza. Con candore, Parisi risponde: «Confermo il suo svolgimento, così come la conoscenza da parte del ministero. Si è trattato di una riunione di carattere meramente tecnico volta a verificare la fattibilità di uno specifico piano di transizione, con la partecipazione di tutte le parti in causa. Per la Difesa, alla riunione hanno preso parte i vertici tecnici di settore e, in particolare, il direttore generale del demanio militare, oltre a rappresentanti dello stato maggiore della Difesa e del gabinetto del ministro. Erano inoltre presenti i rappresentanti militari statunitensi». Si trattava di una riunione segreta, svelata da Galante? Macché, Parisi smentisce e tranquillizza: «Rassicuro l'interrogante che non risulta che la riunione sia stata in alcun modo connotata da spirito di segretezza, con il fine di adottare iniziative in contrasto con gli intenti dell'autorità governativa. Autorità che resta indiscutibilmente competente per l'assunzione della decisione finale. Escludo altresì con perentorietà l'ipotesi di ogni indebita pressione sulle autorità civili da parte di soggetti militari, italiani o stranieri, al fine di ottenere l'assenso al progetto».
Rispondendo poi all’interrogazione di Elettra Deiana, il ministro Parisi ribadisce: «La richiesta americana di utilizzo di una parte dell'aeroporto Dal Molin si inquadra nel piano complessivo di ristrutturazione delle forze degli Stati Uniti all'estero, per ragioni di razionalizzazione delle risorse. Si tratta, pertanto, di un intervento, lo ripeto, che non modifica la natura dell'insediamento, bensì unicamente la sua dimensione rispetto agli elementi che sono a nostra disposizione, elementi su cui fonderemmo e fonderemo ogni decisione».
E meno male che era un «iter troppo riservato»..

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