Cronaca locale

L'Orchestra Verdi in un trittico tra Ravel, Bussotti e Debussy

L'ensemble di largo Mahler da giovedì 28 aprile eseguirà un triplo concerto all'insegna dello spagnolismo di inizio Novecento. Sul podio Tito Ceccherini

Debutta sul podio dell'Orchestra Verdi il maestro Tito Ceccherini, con un concerto che ci porterà in Spagna, o meglio nello spagnolismo tipico del primo Novecento. Appuntamento in Auditorium cariplo giovedì 28 aprile (ore 20.20), venerdì 29 (ore 20) e domenica 1 maggio (ore 16). Ad aprire e chiudere il concerto saranno due brani famosissimi di Maurice Ravel, compositore francese la cui impronta spagnola è evidente in molte delle sue composizioni.
Il Concerto per pianoforte e orchestra in Sol maggiore di Ravel è uno dei brani più felici e amati dal pubblico degli ultimi decenni. Scritto tra il 1929 e il 1931, è composto da tre movimenti, introdotti dal cosiddetto "colpo di frusta", che da il via ad una scrittura fortemente idiomatica in cui ogni strumento dell'orchestra si presenta in scena in quanto tale, con le sue peculiarità, in un dialogo continuo con il solista, che sarà Roberto Cominati.
Segue il brano in prima esecuzione assoluta di Sylvano Bussotti, Sinfonia e Cielo da Pater doloroso, parte integrante di un'opera lirica complessa mai del tutto rappresentata, brani che vengono estrapolati dal dramma e iniziano a prendere vita autonoma dal 2005. Così Bussotti: "Perché la musica contemporanea abbia spessore e possa comunicare veramente un messaggio, devono esistere delle regole, anche se fossero semplicemente fissate dall'autore proprio per quel singolo brano. Nello stesso tempo, per poter realizzare qualcosa che sia melodico ed espressivo, cangiante nei colori evocati dall'orchestra, il compositore deve conoscere bene come suona ciascun strumento che intende utilizzare e quali sono i limiti fisici e tecnici. Il musicista, di conseguenza, deve essere preparato, capace di dominare perfettamente il suo strumento e non temere di oltrepassare certi limiti. Deve saper giocare con il suono, fidarsi del direttore e di ciò che esce dal suo strumento."
Iberia è scritto da Claude Debussy tra il 1905 e il 1908; in forma tripartita, è la più ampia delle tre Images e allude già nel nome a una Spagna immaginaria, priva di folklorismi scontati, i cui ritmi di danza e timbri degli strumenti sono usati come i colori di una tavolozza per evocare atmosfere e suoni.
Composto nel 1928, il fascino del Boléro di Ravel era stato così travolgente da sconfinare in una sorta di frenesia di arrangiamenti. Il raffinato compositore francese pareva quasi scandalizzato dal successo di quest'opera di grande effetto, la cui popolarità era quasi pari, come si diceva negli anni Trenta, a quella del Danubio blu di Johann Strauss II. Ravel sapeva benissimo di avere avuto un colpo di genio, con questa composizione molto pensata e magistralmente elaborata. Lo aveva capito benissimo Maurice Bejart, che diede al Boléro una veste coreografica di rara intensità. Qui assistiamo al trionfo dell'orchestrazione e del ritmo, nonché del colore. La sola variazione sta nel Crescendo, diceva Ravel. Il battito delle percussioni non ti lascia mai.

Con una sola frase, ripetuta, diversificata, negli strumenti, portata a tensione spasmodica fino alla rottura finale di ogni armonia, Ravel firmò il più strepitoso atto d'amore della storia della musica.

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