Magistratura

Il pasticcio delle toghe: crolla l'inchiesta sui fondi russi alla Lega

Il pasticcio delle toghe: crolla l'inchiesta sui fondi russi alla Lega

Un gigantesco pasticcio giornalistico e giudiziario, in cui alla fine solo alcune cose sono chiare. La prima: che alcuni astuti personaggi hanno cercato di fare il colpo del secolo, facendosi vendere da agenzie di Stato russe robuste quantità di combustibili a prezzo così basso da poterlo rivendere in Italia con un margine milionario; che di questa compagna di giro faceva parte anche Gianluca Savoini, il faccendiere dell associazione Lombardia-Russia che agiva come “ambasciatore” a Mosca della Lega; che l’affare non è andato in porto perché a un certo punto i manager moscoviti si sono chiesti perché diavolo si dovesse fare un regalo simile a Savoini e soci. L’ultima cosa chiara, e politicamente la più rilevante, è che nessuna prova è mai emersa che Matteo Salvini avesse un qualche ruolo in quanto stava accadendo, e che nessun rublo è mai entrato nelle casse della Lega.

È questa la sintesi di quanto emerge dall’atto conclusivo, depositato ieri, dell’inchiesta della Procura di Milano scaturita dalla famosa registrazione all’hotel Metropol di Mosca tra I faccendieri italiani e i loro interlocutori russi. Nonostante nessuno dei partecipanti fosse pubblico ufficiale, il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale aprí una indagine per corruzione internazionale, ipotizzando che una parte della cresta fosse destinata a essere retrocessa a esponenti del governo russo. Ora De Pasquale, con il visto del procuratore Marcello Viola, chiede l’archiviazione dell’inchiesta, dando in parte la colpa alla mancata collaborazione della Russia che non ha risposto alle rogatorie. Richiesta di archiviazione per Savoini, per il bancario Vannucci e per l’improbabile avvocato d’affari Gianluca Merenda. Colui (e questo la dice lunga sul personaggio) che registrò di nascosto l’incontro al Metropol e fece poi avere il file al sito Fanpage.

Matteo Salvini, si specifica nella richiesta, non è mai stato iscritto nel registro degli indagati. Ma nel documento i pm milanesi si premurano di scrivere che sono emersi “elementi seppure indiretti indicativi del fatto che Salvini fosse a conoscenza della trattativa sull’operazione di acquisto di prodotti petroliferi dalla Russia (…), non sono mai emersi elementi concreti che avesse partecipato alla trattativa”, né che fosse al corrente del piano di corruzione di funzionari russi. Quanto al progetto di fare arrivare parte dei soldi alla Lega i pm affermano che “gli atti erano inequivocabilmente direzionati verso tale obiettivo” ma “l’azione si è arrestata in una fase eccessivamente anticipata” per poter contestare il reato.

Insomma : una richiesta di archiviazione disseminata di dubbi, che appaiono lasciati lì apposta per tenere aperto, almeno mediaticamente, il caso Salvini. Tanto dalle archiviazioni non ci si può difendere.

Meglio così che andare a un vero processo rischiando quasi sicuramente di perderlo.

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