Cronaca locale

All'Auditorium il '900 italiano: Melchiorre torna e fa «Inventario»

Luca Pavanel

«Inventario», una parola che può anche significare bilancio. Di cosa c'è disponibile, di come andata, quali strumenti del passato buoni per il futuro. Dietro a questa parola, «Inventario», c'è il pensiero del compositore Alessandro Melchiorre, classe '51, che ha titolato così un nuovo lavoro, nuovo dopo tre anni passati a occuparsi di altro (direttore del Conservatorio di Milano). Il brano verrà eseguito stasera in prima assoluta all'Auditorium dall'Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi diretta da Francesco Bossaglia in una serata targata «Milano Musica» dedicata al Novecento italiano. Altri autori che verranno proposti Niccolò Castiglioni (con «Morceaux Lyriques») e Giacinto Scelsi («Quattro pezzi su una nota sola», in occasione del 30° della sua scomparsa).

«Inventario è un gioco di parole - dice Melchiorre -: da una parte da intendersi come un bilancio del mio stile, dall'altra un vedere che cosa usare per andare avanti». Con l'obiettivo di aprirsi anche al pubblico di oggi e non solo quello che già seguiva. Anatomia della composizione. Il brano del Maestro è diviso in due parti segnate da un andamento simile. «Dopo un inizio agitato in cui l'orchestra viene divisa in due gruppi alternati», momenti cameristici si coaugulano verso una allure più sinfonica. Si ritovano echi aggressivi alla Boulez, ma anche echi di Schubert, Sibelius, Grisey e Kurtag. Insomma il vissuto musicale più profondo dell'autore che ha incontrato questi grandi della musica restituendo una nuova identità, la sua. Progetti? «Prossimamente sono impegnato al Piccolo Teatro - annuncia - in compagnia con il pianista e compositore jazz Enrico Intra». Un summit davvero singolare vista la provenienza e la storia dei due personaggi. Il primo avanguarde allo stato «puro», con il collega Andrea Melis ha fondato la sezione di musica contemporanea della Civica scuola di Musica «Claudio Abbado» poi diventata Irmus; il secondo ideatore di un approccio nuovo e in chiave strettamente afro-europea al jazz moderno.

Uomini di altri pianeti, ne sentiremo delle belle.

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