Cronaca locale

Aperto il processo sui saluti romani Anpi e ministero sono parte civile

Prima udienza ieri per il processo a una decina di partecipanti alla commemorazione della morte di Sergio Ramelli e Carlo Pedenovi il 29 aprile del 2014. L'accusa è di aver preso parte alla tradizionale cerimonia del «Presente» per ricordare il diciannovenne del Fronte della Gioventù sprangato nel 1975 da Avanguardia operaia con le Hazet , le terribili chiavi inglesi dei servizi d'ordine della sinistra e morto dopo quarantotto giorni di agonia. Ma anche l'avvocato Enrico Pedenovi, consigliere provinciale del Msi ucciso da un commando di Prima linea il 29 aprile dell'anno dopo proprio mentre usciva di casa per andare a ricordare Ramelli. Ogni anno in quello stesso terribile 29 aprile, in cui viene ricordato anche l'assassinio dell'eroe di guerra Carlo Borsani, il corteo a cui ormai partecipano in migliaia. Ma anche l'anno scorso, quando per un accordo con il questore non sfilarono celtiche e gli organizzatori si impegnarono a evitare simbologie da Ventennio, sulla scrivania della procura sono arrivati filmati e foto. L'accusa, di fronte a cortei no-global e no-Tav che solitamente devastano le città sfasciando banche e vetrine, sono il «Presente» e forse qualche saluto romano. Abbastanza per essere accusati di violazione della legge Scelba, con pene fino a tre anni di carcere e multe salatissime.

«A costituirsi parte civile - racconta Roberta Capotosti appena passata sotto le bandiere di Sovranità - anche l'Associazione partigiani insieme allo Stato, tramite il ministro dell'Interno Angelino Alfano».

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