Cronaca locale

Attacchi islamici all'assessore «No ai sermoni in italiano»

Bando moschee: punti a chi traduce gli imam. Majorino contestato si giustifica: «Non è un obbligo». Gazebo di Forza Italia e Lega: firme contro il piano comunale

L'assessore al Welfare ha «passato ore a discutere via Facebook e via mail con ragazzi musulmani» come riferisce lui stesso «su un aspetto della delibera sui luoghi di culto che non ci vede d'accordo». Diciamo pure che, a scorrere alcuni di quei messaggi, i giovani musulmani si sono molto infuriati con Pierfrancesco Majorino che ha condotto in questi mesi le trattative con il mondo islamico e le altre associazioni religiose che aspirano a uno dei tre luoghi di culto che il Comune metterà a bando entro un paio di settimane. Si tratta dell'area sul retro del Palasharp (chi se la aggiudica dovrà rottamare a proprie spese anche il palazzetto), un'area in via Marignano e gli ex bagni pubblici di via Esterle che fino al 2000 hanno ospitato la scuola per carrozzieri gestita dall'Unione artigiani (nella foto sotto, c'è anche un'immagine dell'interno). La giunta ha votato venerdì la delibera con i criteri che saranno inseriti in quel bando, un elenco di elementi «premianti» e di obblighi a cui i vincitori delle aree dovranno attenersi. E non ha gradito affatto, una parte della comunità islamica, l'inserimento a sorpresa dei «punti in più» riservati a chi tradurrà i sermoni in italiano. «Crediamo - aveva spiegato l'assessore su Facebook - che nell'interesse di tutti vada massimamente riconosciuto e sostenuto lo sforzo di chi vuole cancellare ogni dubbio sui contenuti veicolati negli stessi luoghi di culto». Apriti cielo. I giovani musulmani se lo sarebbero aspettati dal centrodestra, che sul punto è chiarissimo - se il sindaco vuole aprire moschee, sostengono da tempo gli esponenti di Fi, almeno garantisca sermoni in italiano - e lo rivendica. Viene considerato uno strumento di controllo in più, visto che centri islamici si sono rivelati luoghi di reclutamento del terrorismo. Ma dalla giunta di sinistra a quanto pare suona come un'accusa o una resa. L'assessore se la prende con chi lo paragona a Daniela Santanchè, paladina della protesta anti-burqa e protagonista di un duro scontro con l'imam di Segrate. «Il paragone mi fa ridere» replica Majorino. E si sente rispondere che l'esponente del centrodestra sarebbe più trasparente: «In effetti - rimarca un musulmano infuriato - la differenza esiste, perchè la Santanchè imporrebbe l'uso dell'italiano, lei lo pone come condizione di scambio».

Mentre il portavoce del Caim Davide Piccardo diffonde il sermone di venerdì scorso di Abdallah Kabakebbji in italiano, Majorino assicura che quel punto non si traduce affatto con il divieto dell'arabo, e l'uso o la traduzione in italiano sarà «una premialità, ma non un obbligo». E rinvia il confronto al giro pubblico che farà nei quartieri interessati. Dove rischia a dire il vero che si presentino in massa i residenti contrari. Ieri esponenti di Fi (Giulio Gallera, Fabrizio De Pasquale, Alessandro De Chirico e altri del coordinamento) e Lega hanno raccolto proteste e firme ai banchetti in zona Lampugnano, Padova e San Donato, accanto alle aree a bando. «In 3 ore oltre 600 firme in via Padova - dicono - la gente dice che le moschee non sono priorità. C'è bisogno di spazi sociali aperti alla comunità piegata dalla crisi.

Alcuni parlano del pericolo fondamentalista e degli scarsi controlli, anche sanitari, per i continui arrivi in Centrale».

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