Cronaca locale

Aveva diffamato un poliziotto. Condannata l'ultrà comunista

In un sito definì "bastardo" e "picchiatore" l'agente. Confermata la sentenza contro l'esponente dei Carc

Aveva diffamato un poliziotto. Condannata l'ultrà comunista

Si è appellata alla Costituzione e alla libertà di parola, ma il giudice l'ha condannata. Rosalba Romano, militante dei Carc e membro della redazione del sito di «controinformazione» Vigilanza Democratica, è accusata di aver diffamato Vladimiro Rulli, poliziotto. E la Terza sezione penale della Corte d'appello ha confermato la sentenza di condanna contro di lei.

In primo grado, nella primavera del 2018, Romano era stata condannata per diffamazione a una multa di 5mila euro e al pagamento di altri 5mila euro come provvisionale alla parte offesa, l'agente assistito dall'avvocato Andrea Carella. Per l'udienza del processo d'Appello, come accede spesso in questi casi, i «compagni» della donna hanno organizzato un presidio di sostegno fuori da Palazzo di giustizia. Il sostituto pg Giulio Benedetti aveva chiesto la conferma del verdetto, lo stesso aveva fatto la difesa di parte civile. Romano è stata anche condannata al pagamento delle spese legali sostenute da Rulli.

L'imputata ha letto di nuovo in aula una dichiarazione spontanea nella quale ha rivendicato di aver scandito davanti al Tribunale «un proclama politico». Ha aggiunto che le tante azioni giudiziarie contro coloro che «si sperimentano nella controinformazione», attaccando l'operato delle forze dell'ordine, dimostrano che «esiste la volontà politica di colpire il diritto alla libertà di espressione sancito dall'articolo 21 della Costituzione». Romano ha detto inoltre che a suo parere «anche nelle aule del Tribunale vive la volontà politica di contrastare, dissuadere, eliminare uno scomodo dissenso». Poi ha chiesto: «Esiste nel nostro Paese il diritto alla libertà di espressione, ancorché critica?». Ma qual è l'oggetto del processo? Vale a dire le affermazioni con cui Rosalba Romano avrebbe esercitato il diritto alla libertà di parola che si vorrebbe censurare? Un articolo del 2013, pubblicato sul sito di cui la donna è stata riconosciuta come amministratore, additava Rulli come picchiatore, «bastardo», «bandito».

Veniva accusato di aver partecipato, quando prestava servizio nella Celere di Bologna, al pestaggio a Verona nel 2005 di un ultrà del Brescia, Paolo Scaroni. Dopo quella carica delle forze dell'ordine, il giovane finì in coma e rimase invalido. Ma al processo di primo grado per i fatti di Verona, dove era imputato con sette colleghi del VII Reparto Mobile bolognese, l'agente è stato assolto «per non aver commesso il fatto» perché al momento del pestaggio era alla guida del pullman della polizia. Per la sua posizione, la Procura non ha nemmeno fatto appello.

«Però - ha spiegato Rulli davanti al Tribunale milanese - dopo quell'articolo online, la mia carriera è bloccata. E mia figlia a scuola viene chiamata figlia del poliziotto bandito».

Le motivazioni della sentenza di secondo grado a carico di Romano si conosceranno fra trenta giorni.

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