Cronaca locale

La banca lombarda che ingaggiò Warhol

Nell'era dell'arte globalizzata, spesso le iniziative più interessanti sono quelle che raccontano la storia di collezioni appassionate radicate nel territorio, dove il fil rouge che le lega le opere degli artisti sono la mente e il cuore di chi ha creduto in loro in tempi non sospetti e li ha conosciuti da vicino. Una di queste storie è nella «casa museo» di una storica banca lombarda, il Credito Valtellinese, che nelle sue sale al palazzo delle Stelline di Corso Magenta ha presentato una mostra autobiografica; vale a dire uno spaccato della propria collezione iniziata nel primi anni successivi alla Grande Guerra. Ultimamente l'attività espositiva da parte delle banche è diventata fenomeno consueto anche in Italia, eppure «Creval Contemporary» (questo il titolo della mostra alle Stelline) rappresenta un genius loci tutto particolare. Non soltanto per la presenza di alcune importanti opere che furono commissionate dalla banca ad artisti del calibro di Andy Warhol - come «The Last Supper» - ma anche per il particolare allestimento che intende sottolineare una storia aziendale in costante osmosi con la creatività degli artisti. Non solo artisti visivi - da Matta a Vedova, da Spoerri a Isgrò - ma anche maestri dell'architettura e del design come Giuseppe Terragni ed Ettore Sottsass. E allora appare quantomeno centrato un allestimento a prima vista politically uncorrect, che mescola con sagace confusione la quadreria della collezione con arredi anni Sessanta compresi di telefono e macchina da scrivere Lettera 22. È di fatto una mostra nella mostra quella che ricrea gli ambienti lavorativi del Gruppo bancario proprio nell'ex convento delle Stelline. Una bella storia che nacque dalla passione di Giovanni Quadrio Curzio, storico direttore artistico della banca, il primo a Milano a far si che una banca una dotasse la città di una Galleria pubblica dedicata all'arte d'oggi, e che ha avuto il grande merito di portare in Italia artisti come Andy Warhol, Sebastian Matta, Joseph Beuys, Georg Baselitz, Rodcenko, Victor Brauner, Olivier Debré, Meret Oppenheim, Max Ernst, Jannis Kounellis e tanti altri. Al centro dello spazio, l'opera maggiormente rappresentativa che mai come in questo caso restituisce l'aura meritoria al genio di Warhol, quell'Ultima Cena eseguita un anno prima della morte. Il padre della Pop Art -ricorda la curatrice Dominique Stella - fu colui che per primo aderì con entusiasmo all'invito della direzione artistica a confrontarsi con l'icona leonardesca situata nella basilica che dista solo pochi metri dalle Stelline. Dopo di lui vennero le evocazioni di di Hermann Nitsch, Martial Raysse, Daniel Spoerri e Damien Hirst.

Ma «The Last Supper», replicata e celebrata ovunque, solo tra le pareti dell'ex convento che ospitava le orfanelle di Milano sembra sprigionare tutta la sua potenza innovatrice.

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