Cronaca locale

"Basta coi Br in cattedra. Ricordiamo gli agenti uccisi in via Schievano"

De Corato: "Sarà intitolata una nostra sala. Si parla solo dei terroristi, mai delle vittime"

"Basta coi Br in cattedra. Ricordiamo gli agenti uccisi in via Schievano"

Un ricordo a Milano per le vittime della strage di via Schievano. Lo propone Riccardo De Corato, assessore regionale alla Sicurezza ed esponente di Fratelli d'Italia.

Lo propone anche al Comune, chiedendo al sindaco di individuare una via, un parco o una scuola da dedicare ai tre agenti di Polizia che furono massacrati dalla colonna «Alasia» delle Brigate rossel'8 gennaio 1980. Le Br rivendicarono l'agguato, motivandolo con la delirante intenzione di dare un «benvenuto» al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, giunto al comando della divisione «Pastrengo». I brigatisti spararono oltre trenta colpi, uccidendo barbaramente l'appuntato Antonio Cestari (50 anni) e gli agenti Rocco Santoro (32 anni) e Michele Tatulli (25 anni). La strage è stata ricordata, una settimana fa, dai familiari delle vittime e dalle autorità.

«Mio padre veniva dal Beneventano - ricorda Carmine, figlio di Antonio Cestari - a Milano aveva cominciato alla Polizia ferroviaria, in stazione Centrale, e lì dopo vari caffè aveva conosciuto quella che nel 1960 sarebbe diventata sua moglie e poi mia madre, e allora era cassiera al bar della Centrale. Erano gli anni del boom e io ricordo benissimo mio papà dedito al lavoro, che ogni sera telefonava in questura per ricevere indicazioni per il giorno dopo. Lavorava anche il 25 dicembre, e per noi il Natale era il 26, ma era una festa lo stesso». «Il lavoro - ricorda Carmine - lo impegnava molto, ma nel poco tempo libero che aveva, quando ero piccolo, mi portava a vedere gli aerei a Linate, o i treni a Rogoredo, e poi a San Siro a vedere le partite, del mio Milan e del suo Napoli. Faceva servizio d'ordine anche alle partite giovanili alla Barona, e mi portava con sé. Noi abitavamo al Corvetto». «Devo anche precisare che di recente c'è stato un equivoco - continua il figlio - mio padre non aveva simpatie politiche particolari. Era una persona normale, che amava stare in mezzo alle persone normali, ai colleghi, che gli chiedevano consigli e si fidavano molto di lui».

Arrivarono purtroppo gli anni del terrorismo. «Dopo Piazza Fontana cambiò la situazione del Paese, di Milano e cambiò anche il suo lavoro - spiega Carmine - c'era tensione, la sensazione di essere sotto tiro. Ci furono ripercussioni anche sulla sua salute, smise di fumare e mia madre tentò anche di farlo lasciare, ma lui pensava soprattutto a noi figli. Aveva già pronta la sua casetta per tornare a San Lorenzello e godersi la pensione. Era felice, ma purtroppo non ci riuscì. Con quell'agguato finì tutto. Lo vidi l'ultima volta la sera prima, in cucina, dove io ascoltavo la musica, come sempre».

Queste storie sono state dimenticate. «Si parla sempre dei terroristi - osserva De Corato - Fanno conferenze, presentano libri, salgono in cattedra. Questi uomini invece sono stati dimenticati. Per questo è mia intenzione intitolare loro una sala di PoliS Lombardia in via Taramelli, dove gli agenti di Polizia locale vengono formati. Lo proporrò alla giunta e a PoliS. Mi sembra un giusto riconoscimento per questi agenti che non avevano ovviamente alcuna colpa, sorvegliavano le scuole e furono uccisi nell'adempimento del dovere per il solo fatto di avere una divisa, in un agguato ignobile». «Sarebbe - conclude - il segnale che noi, la Regione, non li abbiamo dimenticati. Propongo al Comune di ricordarli con una via, o una scuola, proprio. Noi facciamo la nostra parte.

Spero non cada l'oblio».

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