Cronaca locale

Blitz delle teste di cuoio nella Gomorra brianzola Dodici pusher in manette

Dai capannoni dell'area dismessa le sentinelle armate rifornivano anche il bosco di Rogoredo

Blitz delle teste di cuoio nella Gomorra brianzola Dodici pusher in manette

Sembra di essere alle «Vele» di Scampia e non ci vuole nemmeno troppa immaginazione. La particolarissima architettura del noto complesso architettonico in parte recentemente abbattuto però c'entra poco. A ricordare il serial televisivo Gomorra tratto dal libro di Roberto Saviano sono piuttosto l'organizzazione delle bande, i rapporti tra le batterie, i capi carismatici (in primis lo «zio» Abdelghani Mansouri, ma anche Mohamed Fellak e Zakaria Rafi) e i doppiogiochisti, come la coppia composta dalla tossicodipendente 40enne, l'italiana di Paderno Dugnano e il suo uomo, un tunisino. Infatti in questa città nella città che è la ditta dismessa «Snia Viscosa» di Varedo - oltre 500mila metri quadrati di estensione - i vari Peppe, «Tummaso» e Gennarì, sono stati semplicemente sostituiti dai Mohamed, gli Hasani, i Barouk e i Jamil. Tutti divisi in tre bande di cui una concentrata a rifornire eroina, hashish e cocaina esclusivamente al boschetto di Rogoredo. Tutti «operai» a giorni alterni, così da beneficiare più o meno in egual misura del viavai di tossicodipendenti nell'ex area tessile che chiuse nel 2003 e che con i suoi comignoli visibili dalla superstrada Milano-Meda, mantiene tuttora una posizione strategica, a due passi dalla stazione ferroviaria.

Capita però che chi troppo vuole alla fine nulla stringa. E quando una delle gang decide che è arrivato il momento di prendere il sopravvento sulle altre dando il via a una guerra in piena regola, i carabinieri della compagnia di Desio (comando provinciale di Monza) hanno l'opportunità di far breccia con tre blitz messi a segno la scorsa settimana in questo forte, noto come «il bazar della droga» e smembrarne le fondamenta, arrestando ben 12 persone accusate a vario titolo di traffico di droga, porto abusivo di arma fuoco, lesioni personali e tentato omicidio: sei marocchini, due tunisini, un libico e l'italiana, già pregiudicati per reati inerenti gli stupefacenti o l'immigrazione. Implacabili i filmati delle telecamere che li inchiodano: la maggior parte di loro sono ripresi infatti mentre spacciano, aggirandosi con le armi in pugno tra i viali dell'ex area industriale.

Le indagini partono il 5 aprile, quando un giovane marocchino, uno dei pusher coinvolti nella disputa tra bande nonché uomo di Rafi, viene abbandonato davanti all'ospedale Galeazzi, ferito al torace da dei pallini. Prima aggressione seguita da due ritorsioni, entrambe il 23 maggio: un agguato allo «zio» Mansouri e, a poche ore di distanza, la risposta di quest'ultimo.

La guerriglia ha degli aspetti così caserecci rispetto al panorama partenopeo da essere ribattezzata da subito «Gomorrakesh» dagli inquirenti, quasi costretti a entrare in azione per la tensione altissima creatasi alla Snia. Così scendono in campo i Gis, le «teste di cuoio» dell'Arma. Sono loro nei giorni scorsi a espugnare gli anfratti e le torri pericolanti del vecchio complesso industriale. Dove le bande nascondono anche le loro pistole e qualche fucile.

Decisamente meno saliente invece la quantità di stupefacenti sequestrati durante i tre raid: 600 grammi.

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