Insulti che partivano dagli spalti ogni volta che toccava palla, con dei buh-buh che «ricordano i versi degli animali e delle scimmie». Il calciatore del Milan Kevin Prince Boateng è stato sentito ieri in tribunale a Busto Arsizio insieme al suo allenatore, Massimiliano Allegri e ad altri calciatori, nella seconda udienza del processo per direttissima ai sei presunti autori dei cori razzisti durante l'amichevole Pro Patria-Milan svoltasi proprio allo stadio Speroni di Busto lo scorso 3 gennaio, accusati di ingiuria aggravata dal razzismo per aver preso di mira Boateng e i compagni di squadra Niang e Muntari. Il centrocampista del Diavolo ha così ripercorso l'episodio che lo ha portato a scagliare il pallone contro la tribuna nel corso del primo tempo e a uscire dal campo insieme alla sua squadra, decretando la sospensione della partita con un gesto che fino ad allora era senza precedenti.
«Dopo 20-25 minuti ho sentito ancora il rumore provenire dalla curva e ho deciso che non volevo più giocare - ha dichiarato il centrocampista -. Anche l'arbitro ha la sua parte di colpa perché sentiva queste cose ma non ha fatto niente. Penso che mi abbiano insultato perché la mia pelle non è bianca, succedeva anche in Germania e per me si tratta di atti di razzismo».
Sentimenti condivisi anche dal francese M'Baye Niang, che ha spiegato di «essere stato offeso per il colore della pelle».
Boateng inchioda davanti ai giudici i tifosi razzisti che l'hanno offeso
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.