Cronaca locale

Quella bohème all'ombra della città che rinasceva

Il libro di Leonardi getta nuova luce sull'epoca che vide fiorire l'avanguardia artistica di fine '800. Una nuova piazza Duomo fu il simbolo del progresso

Antonio BozzoQuanto piaceva Milano, al siciliano Giovanni Verga. Nel 1872, trentenne, lo scrittore decise che sarebbe stata la città lombarda, pulsante di iniziative, lo scenario delle sue ambizioni. Bello, inseguito da pettegolezzi, Verga trionfava nei salotti con silenzi misteriosi. E subiva il fascino degli Scapigliati, dai quali prese suggestioni e poetiche, prima di diventare verista. Non solo: innamorato di Milano («la città più città d'Italia, il più bel fiore di una campagna ricca ma monotona») scriveva lettere per invitare l'amico Luigi Capuana a fare i bagagli e trasferirsi sotto la Madonnina.Nel libro Milano scapigliata di Giorgio Leonardi (Meravigli Edizioni, 160 pagine, 15 euro), che si presenta stasera alle 18 in via Carlo Foldi 2 alla Cavallerizza del Fai (volume in omaggio ai partecipanti), queste e altre rievocazioni danno un quadro completo di un movimento artistico e letterario in una città in trasformazione. Ai tempi del gruppo che comprendeva Emilio Praga, Tranquillo Cremona, Cletto Arrighi, Paolo Valera, Carlo Dossi, i due Boito (Camillo e Arrigo), Igino Ugo Tarchetti e altri - che con la ricerca delle «penombre dell'anima» si ponevano come avanguardia in una patria giovane e arretrata rispetto alle mode culturali europee -, Milano viveva una grande espansione. Tutto cambiava sotto gli occhi, più di oggi. Il Duomo prendeva aria: il Coperto del Figini e le prigioni di Santa Margherita, oltre che l'isolato del Rebecchino di fronte alla Cattedrale, venivano demoliti, tra i rimpianti dei nostalgici. Cambiarono volto, in quei decenni, i giardini dove passeggiava Stendhal. Inaugurarono nel 1867 la Galleria di Mengoni (precipitò dal cantiere due mesi prima che fosse tagliato il nastro), nel 1879 il carcere di San Vittore, che tolse clienti alle segrete del Castello Sforzesco, non ancora rinnovato. Venne demolito l'antico quartiere del Lazzaretto, crebbero periferie e popolazione. Una città avanti, che attraeva operai e intellettuali. Gli Scapigliati - artisti, poeti, scrittori - si muovevano tra caffè, Navigli, soffitte, stradine tortuose, bordelli, nebbie tenaci. Il gusto del macabro e della decadenza, unito a romanticismo tardivo - di cui il movimento avrebbe voluto essere il superamento - ispiravano pagine e dipinti. Oltre che lo stile di vita, una bohème meneghina.La critica, ricorda Leonardi, non si è messa d'accordo: fu vera avanguardia? Mentre gli studiosi discutono, il libro ci porta in Galleria Vittorio Emanuele, dove venne accesa nel 1880 la prima lampadina elettrica in luogo pubblico: luce sulle tinte esauste degli scapigliati che si affollavano nello scomparso caffè Gnocchi. Oppure all'Indisposizione Artistica organizzata contro l'Esposizione Industriale nel 1881: happening di successo, che «anticipava di un secolo l'arte concettuale».

Gli «abissi plebei» esistevano, eccome, nella propulsiva Milano, e gli scapigliati li indagavano a volte con spirito di denuncia, altre con morbosa attrazione.

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