Cronaca locale

Da Bruti alla Pomodoro: la giustizia va in pensione

I vertici degli uffici milanesi dovranno lasciare per raggiunti limiti di età Via anche il pg, l'avvocato generale e il presidente della Corte d'appello

Un esodo simile non s'era mai visto. Il 2015 sarà l'anno della «rottamazione» di molti giudici e pm, anche di primissimo piano. È l'effetto della norma che ha riportato a 70 anni l'età della pensione dei magistrati e che avrà come effetto quello di decapitare diverse centinaia di uffici giudiziari, a cominciare dalla Corte di Cassazione. Passando per il palazzaccio milanese.

Anche il presidente Livia Pomodoro, dal 2007 al vertice del tribunale del capoluogo lombardo, ha infatti raggiunto i limiti di età previsti dalla legge. E dovrà lasciare il suo ufficio. Sul suo sostituto dovrà decidere il Consiglio superiore della magistratura - che in tutta Italia sarà tenuto a provvedere a una montagna di quasi 500 nomine tra capi e loro vice di procure e tribunali -, all'interno di una rosa di otto candidati. Ma quali sono i «papabili»? Uno degli aspiranti, Ezio Siniscalchi, avrebbe tutti i numeri ma è troppo vecchio. Altri, come gli attuali presidenti dei tribunali di Sondrio, Verbania e Teramo, sono ritenuti non sufficientemente esperti. E c'è anche chi, come Annamaria Gatto - giudice del processo «Ruby 2» - non ha alle spalle una corrente che la sostenga a sufficienza. Così a giocarsela potrebbero essere il candidato di Magistratura democratica Claudio Castelli, attuale «vice» dell'ufficio dei giudici preliminari e la moderata Marina Tavassi, oggi a capo della sezione specializzata in diritto d'impresa. Ma se si arrivasse allo stallo, il candidato di mediazione potrebbe essere il giudice Roberto Bichi, conosciuto per essere un magistrato esperto ed equilibrato, che ha già maturato un significativo curriculum proprio come vicario di Livia Pomodoro nella presidenza del tribunale milanese. Insomma, saprebbe già come muoversi all'interno dell'enorme e complicata macchina di corso di Porta Vittoria. Proseguendo il lavoro di modernizzazione intrapreso in questi anni dalla presedenza uscente.

Ma quest'anno non andrà affrontato solo il nodo del dopo-Pomodoro. A cambiare titolare, infatti, saranno anche la procura della Repubblica, la procura generale e la corte d'appello. Nel primo caso, a salutare i colleghi - peraltro, in un clima tutt'altro che idilliaco visti gli scontri che negli ultimi mesi hanno agitato il quarto piano del palazo di giustizia - sarà il capo Edmondo Bruti Liberati, che dal 2010 guida l'ufficio inquirente di Milano, ha compiuto i 70 anni nell'ottobre scorso e da quasi un anno è in guerra aperta con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo (entrambi finiti sotto istruttoria del Csm).

Non bastasse, lo scossone milanese riguarderà anche Giovanni Canzio, classe 1945, che dal 2011 è presidente della Corte d'appello; Manlio Minale, già capo della Procura a partire dal 2003 - proprio prima di Bruti Liberati, all'epoca suo vice - e dal giugno di cinque anni fa procuratore generale; e Laura Bertolè Viale, attuale avvocato generale e che nel 2010 resse la Procura generale dopo l'uscita di scena (anche in quel caso per pensionamento) di Mario Blandini. Insomma, i vertici degli uffici giudiziari della città andranno incontro a una vera e propria rivoluzione.

L'anagrafe non fa sconti.

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