Cronaca locale

C'è l'accordo per il Leonkavallo. La firma? Dopo le elezioni

Dopo 20 anni Palazzo Marino cede alle richieste degli Autonomi. Firma dopo il voto

C'è l'accordo per il Leonkavallo. La firma? Dopo le elezioni

La città lo aspetta (con sentimenti opposti) da almeno un paio di anni. Gli autonomi anche. Così i partiti della sinistra estrema: stiamo parlando della legalizzazione del centro sociale Leoncavallo, «il nemico pubblico numero uno» come lo definì l'allora vicesindaco Riccardo de Corato. Il sindaco Pisapia l'aveva promesso nell'ottobre 2011: il mio regalo di Natale alla città (un pacco per il centrodestra) sarà la messa a norma del Leoncavallo. Bene, ora dovremmo essere vicini alla parola fine. Due giorni fa l'ufficiale giudiziario si è presentato in via Watteau 7 con l'ennesima notifica di rinvio di sfratto. La prossima scadenza è il 23 giugno, ma forse nessuno busserà alla porta dello squat più famoso di Milano. L'accordo è stato raggiunti da tempo, manca solo la ratifica in giunta. «Passate le elezioni» si continua a dire in questi giorni, il documento verrà sottoposto al vaglio della giunta e poi del consiglio comunale. I partiti della sinistra radicale sono in pressing: il sindaco l'ha promesso da anni, fa parte del programma e siamo quasi alla fine del mandato, il ragionamento. Bisogna chiudere anche perché così elezioni europee, scadenze del consiglio e l'apertura della campagna elettorale per le amministrative - periodo off limits per un'operazione del genere - non manca molto.

I termini dell'accordo tra palazzo Marino e la famiglia Cabassi, proprietaria dell'ex cartiera, prevedono che l'immobiliare Brioschi (Cabassi) lasci agli occupanti abusivi lo stabile in cambio del complesso di scuole Mazzini, comprese tra via Zama, Berlese e Salomone, più gli appartamenti di via Trivulzio che il Comune rilevò negli anni '90 senza mai utilizzarli. Si tratta di sei alloggi di media taglia ma completamente da ristrutturare. Il centro sociale così pagherà l'affitto al Comune che entrerà in possesso del capannone, occupato nel 1994 dopo lo sgombero da via Leoncavallo. Venire a patti con la legalità significherà per gli autonomi oltre a pagare l'affitto, pagare le bollette, la Siae sui concerti, battere gli scontrini per ogni birra spillata e ogni cena servita a tavola. e dire addio a fine della semina e del raccolto, salvo sorprese parlamentari. Il bilancio sociale parla chiaro: solo i ricavi per somministrazione ammontano a 543.185 euro (2012), il totale delle sottoscrizioni a 645.362 euro, per un totale di incassi di 1.190.188. «Riaffermiamo con forza, come purtroppo facciamo da anni - si legge nel documento economico - che i soggetti privati coinvolti (Associazioni, Proprietà, Fondazione) hanno da tempo delineato un'ipotesi di soluzione a costo zero per l'amministrazione comunale e a “somma zero” nel bilancio del calcestruzzo milanese. Soluzione che richiede un semplice atto amministrativo da parte del Comune di Milano che ci auspichiamo possa essere più vicino». I compagni hanno perso la pazienza. I partiti anche. Così don Gino Rigoldi, il mediatore dell'operazione: «I tempi del Comune sono troppo lenti.

D'altronde in Italia si fa sempre così: si aspetta l'ultimo minuto per poi correre».

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