Cronaca locale

Al capo ultrà della Juventus uno stipendio da 5mila euro

Dopo la denuncia della società, alla sbarra tre leader Ricatti e minacce per mantenere il potere nella curva

Al capo ultrà della Juventus uno stipendio da 5mila euro

Stipendio di un capo ultrà: cinquemila euro al mese. Per capire l'aria che tira nel mondo del tifo organizzato, bastava ieri essere nell'aula della sesta sezione penale del tribunale, dove si avviava a conclusione il processo a tre leader storici delle curve. Tutti milanesi, ma tutti di fede juventina: sono Loris Grancini, capo dei Viking bianconeri, il suo braccio destro Christian Mauriello, e il capo del «Nucleo» Christian Fasoli, arrestato e scarcerato nella recente inchiesta torinese sui ricatti alla Juve.

Anche a Milano i tre sono sotto processo per tentata estorsione: non direttamente alla Juve ma a una agenzia che vendeva i biglietti per conto del club, la Easy Events. Una agenzia che, come è emerso nel processo, i tre consideravano «cosa loro», il braccio operativo per continuare a ottenere a prezzi di favore i biglietti delle partite da rivendere a prezzo maggiorato.

Per Grancini, che è già in carcere a scontare la condanna a undici anni per un tentato omicidio in piazza Morbegno, il pm Enrico Pavone chiede una condanna a quattro anni; per Fasoli e Mauriello, accusati di averlo spalleggiato durante le irruzioni alla Easy Events, la richiesta è di due anni. Ma a fare impressione è il contesto in cui i due episodi avvengono: con la Juve che, dopo avere subito per anni le prepotenze degli ultras, decide di tagliare i ponti con loro. E gli ultras milanesi che non si arrendono. «Bello qui, chissà come brucia bene», dice Grancini presentandosi nella sede della Easy Events. E al titolare della agenzia, Roberto Pano: «Chissà se riesci a festeggiare il compleanno di tuo figlio».

Il business da difendere era ingente: «Si parla - ha detto Alessia Egidi, legale di parte civile - di trentamila euro a partita. Se si considerano solo le 165 partite giocate in casa dalla Juventus in questi tre anni, fanno 2 milioni e 670 mila euro». È da qui che escono gli stipendi ai capi: cinquemila a Grancini, molto meno - tra i mille e i millecinquecento - agli altri due. Ed è questo il robusto movente che innesca la reazione dei capi di Viking e Nucleo quando la Juventus ordina alla Easy Events di non vendere più biglietti a Grancini e soci. È la rottura di un rapporto decennale, su cui in aula hanno testimoniato dirigenti bianconeri come Alberto Pairetto e Stefano Merulla. È un rapporto (che l'avocato Egidi definisce «patologico») che il club degli Agnelli aveva deciso di rompere: e infatti Pairetto diverrà il principale testimone dell'indagine torinese.

Su tutto, incombe l'ombra dei rapporti - emersi anch'essi nell'indagine di Torino - sulla presenza malavitosa nelle curve. I tre imputati di ieri, e ne ha dato atto anche la Procura, non sono coinvolti direttamente, anche se il delitto per cui Grancini è stato condannato matura in un ambiente di criminalità comune. Ma qualcosa di inquietante salta fuori anche ieri: secondo il racconto di Roberto Pano, quando Grancini si presenta pretendendo i biglietti per Juventus-Crotone, festa scudetto del 2017, spiega di chiederli non solo per i suoi familiari ma anche per i «calabresi di Corsico». Gli stessi «calabresi di Corsico» che secondo l'intervento del legale di parte civile avevano garantito in passato la «protezione» di Easy Events. «O si fa così - dice Grancini - o non so come va a finire».

Prossima udienza il 7 novembre, sentenza il 14.

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