Cronaca locale

Carnevale, la crisi non scherza Licenziati Cecca e Meneghino

Carnevale, la crisi non scherza Licenziati Cecca e Meneghino

La crisi manda in pensione anche Meneghino e Cecca. Dopo oltre sessant'anni di onorata carriera, quest'anno le due maschere della tradizione milanese per la prima volta non apriranno la sfilata dei carri di Carnevale. Addio agli sfarzi del passato, quando la coppia di servitori saliva in carrozza e dava inizio alla festa per le vie del centro.
Non ci saranno né le comparse in costume né gli sbandieratori. Il motivo? Esclusivamente economico. Meneghino, al secolo Gianni Ferri, direttore della compagnia teatrale meneghina, si è visto tagliare drasticamente le risorse. Già l'anno scorso il Comune gli aveva dato 11mila euro, contro i 18mila finanziati in passato. Quest'anno il contributo suona davvero come uno scherzo di carnevale: 2mila euro. Iva compresa. Punto. «È una vergogna cancellare in questo modo una tradizione che va avanti dal Dopoguerra» protesta ferri, interprete convinto di Meneghino da una decina d'anni.
Con 2mila euro lui non ci combina granché. I costi per la sfilata sarebbero stati molto più alti tra l'affitto della carrozza, l'assicurazione e il compenso per i figuranti (un centinaio in tutto), i trucchi, i costumi, il pullman a noleggio, gli sbandieratori ingaggiati a Torino. E quindi non ci sarà nulla di tutto ciò. Il Comune, che per organizzare il Carnevale ha staccato un assegno di 200mila euro, assicura solo la sfilata dei carri degli oratori e le iniziative nelle varie zone della città.
Meneghino e Cecca di fatto vanno in pensione. Il loro contributo ai festeggiamenti si limiterà a una comparsata alla conferenza stampa di presentazione del Carnevale fissata per giovedì 14 febbraio. In quell'occasione Meneghino si farà consegnare simbolicamente dal sindaco Pisapia le chiavi della città. «Chiavi - specifica Ferri - che ho fatto fare io e che costano oltre 200 euro. Il Comune non ci ha finanziato nemmeno quelle». In effetti, se non fosse stato per l'impegno della maschera simbolo di Milano, la città avrebbe dovuto rinunciare anche al rito delle chiavi. La tradizione era stata cancellata per trent'anni ed è ripresa solo l'anno scorso. «Sarebbe stato un peccato rinunciare anche a questo - protesta Meneghino - E pensare che la mia maschera e quella della mia compagna Cecca (ndr, Pierangela Meregalli) vengono ricevute a Viareggio e nelle altre città con i tappeti rossi. Qui non ci fanno nemmeno aprire la sfilata dei carri». Meneghino già si era reso conto l'anno scorso di essere arrivato a un passo dal capolinea: «Il Comune aveva deciso di accorciare il percorso della sfilata di sabato grasso confinandolo attorno al Duomo. All'ultimo momento ci hanno fatto sfilare fino a piazza Fontana ma non c'erano le transenne. Risultato: una signora del pubblico si è avvicinata troppo agli sbandieratori e si è presa una bandiera in testa. Ovviamente è stata risarcita dalla nostra assicurazione, mica dal Comune».
A Palazzo Marino capiscono il rammarico del povero Meneghino ma all'assessorato al tempo Libero di Chiara Bisconti (nella foto) precisano che i tagli ci sono per tutti. Insomma, c'è poco da scherzare.

Però per far contento il buon Meneghino basterebbe poco: magari uno spazio d'onore alla conferenza della consegna delle chiavi «dove di solito si preferisce dare spazio a chi viene da fuori Milano».

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