Cronaca locale

La città è sempre più «ricca» ma solo per il 9% dei milanesi

Il reddito pro capite è il doppio rispetto al resto d'Italia però crescono i poveri. Sala: «Patto con gli industriali»

Chiara Campo

Il reddito pro capite a Milano continua a crescere e supera i 49mila euro rispetto alla media italiana di 26mila, quasi il doppio. Ma è aumentata negli ultimi anni anche la polarizzazione dei redditi, con il 9% della popolazione che detiene oltre il terzo della ricchezza complessiva ed è salita del 2,5% in un triennio (da 11,1 a 13,6%) la quota dei residenti a rischio povertà. Altro campanello d'allarme. A Milano il salario aumenta anche in misura consistente (+6,5% tra 2015 e 2018) ma non è in grado di bilanciare l'impennata del livello dei prezzi (+21,6%), e avere un lavoro «non necessariamente tutela dalla caduta in povertà» si legge nel dossier. É una fotografia a luci e ombre quella scattata dall'Osservatorio Milano 2019 coordinato dal Centro Studi di Assolombarda. Lo studio è stato presentato ieri a Palazzo Marino, Milano è traino del Paese, con un Pil cresciuto del 9,7% negli ultimi 5 anni (il doppio del 4,6% nel Paese), è sempre più internazionale, con 7,6 milioni di turisti all'anno. Su 14mila multinazionali presenti in Italia, 4.600 hanno scelto di piazzare qui la propria sede. É terza per attrazione di studenti universitari, dopo Monaco e Barcellona ma prima di Lione e Stoccarda, i capoluoghi delle regioni europee più produttive con cui gli esperti l'hanno a confronto sulla base di 224 indicatori. Sorpassa Monaco ed è in prima posizione per la capacità di attrarre imprese e capitali. Detiene anche il record delle imprese con oltre un miliardo di fatturato, ben 91 contro le 59 di Monaco e le 29 di Barcellona, ed è l'unica ad aver incrementato la notorietà internazionale. É prima anche per la spesa totale dei turisti stranieri, e il valore dello scontrino medio per shopping è di 231 euro contro i 146 di Monaco. Pecca nell'accessibilità internazionale: come sottolineano gli esperti, «il sistema aeroportuale è penalizzato dall'assenza di un vettore di riferimento che faccia convergere il traffico di media distanza per alimentare le rotte di lunga percorrenza». Per contro, come si diceva, «non è infondato il timore che la ripresa espanda ulteriormente le diseguaglianze economico-sociali». La disoccupazione totale è scesa al 6,4% a Milano contro una media nazionale del 10,4 ma un giovane su 4 non lavora (24,4%) e il tasso di attività femminile è ancora del 69%. E Milano continua a rimanere in fondo alla classifica rispetto alle altre città campione per la qualità dell'aria, è anche quella con la maggiore concentrazione di polveri sottili. In compenso ha il servizio di car sharing più sviluppato, 2.224 auto per milione di abitanti.

Il sindaco Beppe Sala si è confrontato sui dati dell'Osservatorio con il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi, ammettendo che Milano «deve avviare una rivoluzione sociale. Viene scelta dagli universitari ma la disoccupazione giovanile è alta» e c'è la famosa forbice tra pochi milanesi molto ricchi e i più che non godono degli effetti della ripresa post Expo. «Mi piacerebbe - afferma Sala - che la città diventasse un laboratorio, c'è una buona disponibilità da parte di Assolombarda e Camera di commercio: stringiamo un patto per creare nuove forme di lavoro e per un lavoro precario meglio retribuita. Se troviamo forme di collaborazione virtuosa saremo un esempio per l'Italia».

Raccoglie la sfida e rilancia Bonomi: «Dobbiamo crescere ma essere un traino solidale non solo del Paese ma all'interno della città, per evitare la polarizzazione dei redditi. Il mondo delle imprese è molto forte, deve diventare anche un attore sociale». Il presidente degli industriali boccia senza sconti la manovra del governo: «Aumenta deficit, debito, le tasse ed è a zero crescita, la bocciatura è clamorosa». E Sala «suggerisce» una Finanziaria alternativa: «Se si continua a dire che gli 80 euro non si toccano perchè li ha dati Renzi, il reddito di cittadinanza nemmeno perchè è un'idea di Di Maio e Quota 100 l'ha voluta la Lega ma l'ha votata anche M5S non funziona.

Le risorse vanno accorpate e messe metà sul cuneo fiscale e metà su politiche di Welfare».

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