Le collezioni brianzole alla Reggia

Dal marmo al missile, in mostra i capolavori delle raccolte private

Francesca Amè

L'operosa Brianza si mette in mostra e sceglie l'Orangerie della Villa Reale di Monza per raccontare, in un percorso di una settantina di opere, l'intelligente e poco ostentato collezionismo di Monza e del suo territorio. Una quinta teatrale color giallo ocra introduce il visitatore in una mostra che ragiona, grazie alla cura di Martina Corgnati in collaborazione con Lucia Molino, sull'impegno collettivo a favore della promozione culturale da parte delle istituzioni e dei collezionisti privati. Promossa da Fondazione Cariplo e Fondazione della Comunità di Monza e Brianza onlus, in partnership con Gallerie d'Italia e Fondazione Luigi Rovati, la Reggia di Monza e i Musei Civici di Monza, la mostra svela la versatilità e la qualità delle raccolte d'arte della Fondazione Cariplo e di altri musei del territorio (i Civici di Monza, il Museo d'Arte Contemporanea di Lissone). Il titolo Dal marmo al missile potrebbe sermbrare una provocazione, ma è invece esplicativo della varietà delle opere esposte che dal vasellame etrusco arrivano fino alle creazioni di Pino Pascali. Si comincia con quadro che pare una didascalia del territorio: La Filanda del Bergamasco di Pietro Ronzoni. Fa da ouverture al resto dell'esposizione, scandita per le prime due sezioni nello spazio lungitudinale dell'Orangerie in eleganti pannelli grigi mentre l'ultima parte è esposta nei musei civici, nel centro di Monza. Sezione interessante, questa distaccata: si concentra sul rapporto tra Monza e il modernismo. Il capoluogo brianzolo non è stato culla di una scuola pittorica particolare, ma fu casa per molti dei talenti dell'epoca (Eugenio Spreafico, Anselmo Bucci). I loro lavori moderni' dialogano con l'altra anima del territorio, quella rurale, ben rappresentata dai contadini ritratti dall'inconfondibile mano di Segantini. Ma torniamo alle Orangerie: dopo la filanda, si entra nella sezione dedicata ai luoghi, con dipinti dell'Otto e del Novecento. C'è la campagna, ma anche le periferie e le metropoli (in salsa pop quelle di Valerio Adami): su tutti, spicca la lettura concettuale di New York realizzata da Lucio Fontana. Si viaggia nel tempo e nello spazio: un'antica automobile realizzata da Salvatore Scarpitta ci porta lontano, dritti verso il missile colorato di Pino Pascali (ma prima si fa tappa davanti alle intepretazioni di Dadamiano, Mario Nigro e Agostino Bonalumi). Nella sezione successiva il registro cambia ed eccosi in una galleria di ritratti. Ci sono la monumentalità di Achille Funi, i lavori ermetici di Gino De Dominicis, che interpreta gli antichi miti di Gilgamesh e poi artiste contemporanee quali Vanessa Beecroft e Shirin Neshat che si concentrano sui volti femminili. Il cerchio si chiude con Ritratto d'uomo che guarda l'orologio di Michelangelo Pistoletto e con l'irriverente autoritratto di Joseph Beuys.

Nella Rotonda degli Appiani, è esposto infine il gesso di Leda e il cigno di Arturo Martini, la cui versione in pietra, realizzata a Monza nel 1930 dall'artista che insegnava all'epoca all'Istituto d'arte della città, venne mostrata per la prima volta proprio qui.

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