Cronaca locale

Commerciante ucciso a casa: indagata la figlia di 45 anni

La donna è accusata di essere la mandante del delitto; in passato avrebbe già tentato di assassinare il padre

Commerciante ucciso a casa: indagata la figlia di 45 anni

Aveva già tentato di uccidere il padre, secondo gli inquirenti, Simona Pozzi. Ora la donna, 45 anni, è accusata dell'omicidio (riuscito) di Maurizio Pozzi. Il titolare di un negozio di scarpe ad Affori era stato trovato morto nella sua camera da letto in via Gian Rinaldo Carli il 5 febbraio 2016. In un primo momento si pensò a un malore, ma l'autopsia rivelò che il 69enne era stato colpito alla testa almeno otto volte con un oggetto pesante mai trovato, forse un martello. Non c'erano segni di effrazione e in casa non mancava nulla.

La svolta nelle indagini arriva a quasi due anni dal delitto. L'iscrizione nel registro degli indagati della figlia della vittima (anticipata dal Corsera) ha fatto emergere elementi inquietanti. In particolare quelli riportati nella richiesta di custodia cautelare in carcere a carico della donna firmata dai pm Alberto Nobili e Antonia Pavan, poi respinta dal gip. Innanzitutto il fatto che Simona Pozzi, sposata e impiegata nel negozio dei genitori di via Pellegrino Rossi, sarebbe stata il mandante dell'omicidio, eseguito materialmente da una seconda persona che non ha ancora un nome. Poi il tentato omicidio compiuto nel 2014 a Bergamo, sempre come mandante e sempre ai danni del padre, stando alle contestazioni della Procura. L'anziano venne picchiato selvaggiamente. In quel caso tuttavia l'autore era stato arrestato, ma non era stato possibile dimostrare che la 45enne aveva commissionato il pestaggio.

Ad Affori tutti conoscono la famiglia Pozzi e il delitto aveva suscitato grande clamore nel quartiere. Anche perché avvenuto in casa e in modo tanto cruento. Il commerciante era appena rientrato dopo il lavoro e il killer aveva colpito, non visto, nella breve finestra che ogni giorno si creava tra il suo arrivo e quello della moglie Angela. Spostamenti, alibi e scontrini di acquisti fatti quella sera dai familiari sono stati minuziosamente verificati dalla Squadra mobile grazie soprattutto alle telecamere della zona. Se si è arrivati a una richiesta di arresto, di certo è stato scovato un qualche buco temporale. Sembra che Simona Pozzi litigasse spesso con il padre per questioni economiche, per i problemi finanziari del negozio e perché l'uomo non soddisfaceva le sue continue richieste di soldi. Proprio alcuni mesi prima dell'omicidio per una lite nella famiglia erano dovuti intervenire i carabinieri.

L'inchiesta ha incontrato però numerosi scogli. Il maggiore è il «no» del gip Franco Cantù Rajnoldi all'arresto della presunta omicida. Il giudice non ha ritenuto sufficienti le prove raccolte a carico di Simona Pozzi. Ed evidentemente non ha valutato come sicuro il collegamento tra l'episodio del 2014 e l'uccisione di due anni dopo. Comunque non deve aver concluso che i due fatti siano imputabili alla stessa persona. I pm hanno fatto ricorso al Riesame, che deciderà nelle prossime ore.

Contro la decisione le parti potranno rivolgersi alla Cassazione.

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