Cronaca locale

Così nacque il Pirellone che sfidò la Madonnina guardando verso il cielo

Ricorrono i 60 anni dalla prima pietra del Palazzo sede della Regione Lombardia

Stefano Giani

In fabbrica, ogni giorno era uguale al precedente. E, immancabilmente, sarebbe stato identico a quello che lo avrebbe seguito. Eppure, quella volta, lo squallido copione della meccanica monotonia fu smentito. Polverizzato. Il cielo si oscurò d'improvviso. E gli aerei sganciarono bombe. Tra le tante ferite, lo stabilimento di pneumatici Pirelli. Colpito a morte.

I giorni a venire non sarebbero più stati la copia di quelli trascorsi.

Così sparì uno dei volti della città operaia. Milano è metropoli che reagisce. Cancella ombre di un passato ingombrante. Crea nuovi simboli. Sposta palazzi. Se la chiesa di San Giovanni in Conca era stata trasportata da piazza Missori in via Francesco Sforza e l'edificio del Trianon, cancellato da corso Vittorio Emanuele, era rispuntato in piazza Liberty, perché mai dolersi di quel buco improvviso di fianco alla Centrale. Ulcera urbanistica. Premessa di un tuffo nel futuro.

Il 12 luglio 1956 era un giovedì come tanti. Giunsero altri operai e, in quella voragine che era diventato un cantiere, posero alcuni mattoni. Alberto e Piero Pirelli, titolari dell'industria della gomma, avevano deciso che la Cascina Brusada, dove si fabbricavano i loro pneumatici, dovesse essere rimpiazzata da un colosso. E sarebbe diventato il centro direzionale della loro azienda.

Gio Ponti non era più un ragazzino. Aveva disegnato porcellane per Richard Ginori, lampade per Fontana, case e alberghi. Burbero dall'intelligenza brillante fondò Domus, periodico di arredamento e architettura, meritandosi pure una cattedra al Politecnico in piena era fascista. Correva il 1936. A lui, vent'anni dopo, si rivolsero i Pirelli. Ed egli aprì loro le porte della sua scienza. Il luminare si avvalse di illustri colleghi, tra i quali Pier luigi Nervi e Alberto Rosselli, e decisero che la piatta Milano dovesse avere una collina.

Il grattacielo Pirelli nacque così. Non a livello strada, ma al sommo di un rialzo. E nacque lì in quella ferita bellica. Da far rimarginare con il disinfettante dell'ambizione. Senza rispetto nemmeno per la Madonna. Pardon, Madonnina, con il diminutivo da sempre anche se è alta più di quattro metri. Perfino il Duce si era guardato dal superarla. Svettava sulla città dall'alto dei suoi 108,5 metri e quando Mussolini s'inventò la Torre Branca volle che si fermasse a 108. Anche lui, a suo modo, si era inchinato alla «Vergine madre, figlia del suo figlio, umile e alta più che creatura».

In quella seconda metà degli anni Cinquanta la Torre Velasca aveva lanciato la sua sfida all'alto. E aveva preso ispirazione dall'organismo più piccolo del bosco. Un fungo. Quando i muratori posero la prima pietra del grattacielo, lei era già in costruzione. Fu inaugurata nel '58 e il Pirellone doveva ancora... crescere. Anche lei però restò nei ranghi. Si fermò a 106 e la Madonna manteneva primato e maestà. Ancora per poco.

Ponti, uomo che non temeva l'ira divina, non se ne curò. E spinse la sua creatura verso quel cielo che aveva creato le premesse per la nascita di quel gigante. Si fermò a 127 metri e pose un problema. C'era qualcuno che guardava dall'alto in basso il simbolo - sacro e sentimentale - della città. Lo risolse Giovan Battista Montini, arcivescovo in odore di papato. All'italiana. Era il '61. Osservando il maestoso grattacielo di vetro, nuovo di zecca per una metropoli in miniatura, ebbe un'idea. Fece scolpire una Madonnina e la pose sul tetto. Primato ripristinato.

Nel '78 i Pirelli vendettero. Ad acquistare fu la Regione che ne fece la sua sede. I milanesi si sbizzarrirono e da quel giorno il grattacielo Pirelli divenne per tutti il Pirellone. Entrò nel gergo. Sui giornali. Divenne metafora politica. Prestigio che si deve a un simbolo. E come ogni emblema finì nel mirino. L'11 settembre era passato da un pugno di mesi quando Luigi Fasulo, imprenditore bizzarro e distratto entrò con il suo aereo al diciottesimo piano. Aprile 2002. Tutti temettero un attentato. Fu solo un tragico incidente. La Regione però aveva imparato da Ponti che la Madonnina è tollerante. E decise di farsi costruire una nuova sede. Ancora più alta. Oggi si chiama Palazzo Lombardia e raggiunge 161 metri.

Per rispetto ha una Madonnina sul tetto.

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