Cronaca locale

Una crisi senza fine, adesso Milano è appesa ad Expo

Bisogna attendere. L'uscita dalla crisi non è vicina: le previsioni riportano valori positivi solamente a partire dal 2014 e rispettivamente l'1,1% per l'Eurozona, 0,7% per l'Italia, come pure un dato positivo per il valore aggiunto pari all'1,3% per Milano e all'1,1% per la Lombardia. La situazione oggettiva delle imprese milanesi, così come la loro percezione della situazione, lascia attendere una seconda parte del 2013 difficile, dicono i dati di Milano produttiva, il rapporto annuale della Camera di commercio sull'evoluzione del sistema economico e sociale dell'area milanese.
La speranza si chiama Expo. «È la prospettiva in grado di riportare progressivamente Milano ai valori pre-crisi» commenta Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di commercio di Milano alla presentazione del report. Grazie all'Expo 2015, lo slancio di Milano dovrebbe superare anche i dati del contesto europeo già a partire dal 2014, anno di preparazione dell'evento. Come si legge nel dossier, «lo scenario maggiormente auspicabile, a oggi, è che la fase più acuta della crisi si esaurisca con il primo trimestre 2013 e che si inizi a riscontrare almeno un rallentamento della fase discendente per iniziare poi, a partire da fine 2013, un lungo cammino verso la ripresa».
Il Monitor imprese della Provincia di Milano, sondaggio d'opinione realizzato con andamento trimestrale dall'Ipsos di Nando Pagnoncelli su 500 imprese, sottolinea una percezione negativa degli imprenditori e dei dirigenti delle aziende (cioè coloro che sono stati intervistati) sul futuro a breve delle proprie attività. La situazione difficile mette a rischio un'azienda su sei e il numero di aziende in pericolo è cresciuto rispetto ad aprile. Il 18 per cento degli interpellati ritiene probabile o molto probabile che nei prossimi dodici mesi ci possa essere una chiusura dell'azienda in cui opera.
Un dato preoccupante, in crescita del 3 per cento rispetto allo scorso aprile: in pratica, quasi il 20 per cento delle aziende ritiene verosimile chiudere i battenti nel giro di un anno. Il 69 per cento degli intervistati è insoddisfatto della situazione economica del territorio nel quale lavoro. E addirittura il 71 per cento vede male la situazione economica del settore in cui opera la propria azienda.
E veniamo ai vari ambiti economici. Il settore in cui l'allarme chiusura è altissimo è quello delle costruzioni: il 34% degli intervisti ritiene possibile una chiusura. Seguono commercio (20%), industria (16%) e servizi (13%). Sentono molto di più l'allarme le imprese con pochi dipendenti: temono la chiusura a breve il 20 per cento delle aziende fino a nove dipendenti e il 19 per cento delle aziende con un fatturato fino a 2,5 milioni.
Qualche timido segnale positivo comincia a farsi sentire, almeno a livello psicologico. Sale dal 9 al 12 per cento (anche se rimane minoranza) la percentuale di imprenditori convinti che «il peggio della crisi è davvero passato». E migliora l'orgoglio d'impresa.

Il 56 per cento degli intervistati (erano il 45% tre mesi fa) è convinto che «la maggior parte delle imprese italiane sta dimostrando una buona capacità di reazione alle difficoltà imposte dalla crisi».

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