Cronaca locale

Dai "fondi oro" a Canaletto: capolavori made in Italy

Due gallerie private espongono opere museali tra maestri del Rinascimento e del Vedutismo veneto

Dai "fondi oro" a Canaletto: capolavori  made in Italy

Strano mercato, quello dell'arte, che mentre batte record su record nelle aste di contemporanea, mostra di snobbare tutto quanto arriva dalle epoche precedenti all'Ottocento. Eppure il pubblico che ama l'antiquariato - e non mancano i giovani collezionisti - sa bene che all'ombra della Madonnina risiedono i più accreditati mercanti del Belpaese, quelli selezionati dalle maggiori fiere internazionali come il Tefaf di Maastricht. E in questi giorni c'è da fregarsi le mani grazie a due mostre private di livello museale. La prima, inaugurata negli spazi della Galleria Salamon di Palazzo Cicogna (via San Damiano 2), è interamente dedicata ai «fondi oro», la grande scuola pittorica italiana del Due, Tre e Quattrocento. «Tabula Picta, dipinti tra Tardogotico e Rinascimento» è il titolo dell'esposizione che conta ben 15 opere su tavola, in un percorso che dai maestri del Lazio e delle Marche approda fino al Nordest e alla Lombardia. Una mostra pregevole per la qualità e il perfetto stato di conservazione delle tavole, databili tra la fine del Trecento e l'inizio del Cinquecento. La seconda mostra è un salto alla metà del Settecento, il «siglo de oro» del grande Vedutismo veneziano. Il palcoscenico stavolta è lo studio di Ernesto Trivoli (via P. Cossa 1), collezionista e nome di spicco nel mondo delle case d'asta internazionali che, in sinergia con il gallerista romano Cesare Lampronti, oggi espone e mette in vendita una serie di veri e propri capolavori. Da Canaletto a Guardi, da Carlevarijs a Bellotto, fino alla bottega di Jacopo e Michele Marieschi. In tutto sono 35 i dipinti in mostra, tra cui spiccano autentiche meraviglie come San Pietro di Castello di Canaletto, Veduta del Ponte di Rialto da sud di Bernardo Bellotto, Veduta della Piazzetta di Giovanni Richter. Si tratta di un unicum a livello internazionale, sottolineano i curatori, «perchè il mito di Venezia è legato a Venezia, e non esiste, in pittura, fenomeno più suggestivo ed evocativo della sua rappresentazione». Tornando invece alla mostra di Salamon, destano meraviglia le opere scelte da un periodo che ebbe certo le sue punte più alte nelle botteghe toscane e marchigiane, grazie a maestri come Gentile da Fabriano, Beato Angelico e Masaccio. L'uso dell'oro per le campiture delle rappresentazioni sacre, ebbe per quegli artisti una forte valenza simbolica volta a conferire preziosità e raffinatezza a una realtà superiore, da ammirare ma soprattutto da adorare. In mostra, maestri toscani come il fiorentino Niccolò di Pietro Gerini, formatosi alla bottega dell'Orcagna; Antoniazzo Romano, eccellente esponente della migliore bottega pontificia; Maestro dell'Epifania di Fiesole, tra i migliori allievo del Ghirlandaio; e ancora Maestro della Lamentazione di Scandicci della bottega del Perugino. Un'autentica rarità è l'opera Nativity del senese Giovanni di Meo del Guasta, scuola di Botticelli ma esempio di contaminazione tra la «maniera italiana» e la cultura anglosassone. Al punto da rappresentare, fatto inedito per l'arte, una Madonna...

albina.

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