Cronaca locale

Dalle «Bestie» della Dante più noia che scandalo

Antonio Bozzo

Ci siamo seduti in poltrona con le migliori intenzioni. La regista e drammaturga siciliana Emma Dante è una sorta di gloria nazionale, il suo «Bestie di scena» (allo Strehler fino al 19 marzo) non farà che aggiungere legna al falò della devozione nei suoi confronti, suggeriva un'ottimistica voce interiore. Non è andata così. Le quattordici «scimmie nude», ovvero gli attori in costume adamitico che sudano, sputano, masticano, smozzicano parole in dialetto, piroettano, scivolano sul palcoscenico a guisa di saponette, lasciano un senso di insoddisfazione. Lo spettatore si chiede: perché? Perché tanta fatica? Perché tanta bravura nel trasformare i corpi in marionette che disegnano geometrie? A che scopo? Cosa vuol dirci la demiurga Emma Dante? Le sue ambizioni non sono da poco: vuole ricreare il mondo, ricordare che siamo tutti sulla scena, comunicarci la durezza e forse l'inutilità di rappresentare qualche cosa. Gli ignudi vanno rivestiti di sguardi: cacciati da non si sa quale paradiso fanno gruppo, tribù; occupano uno spazio disturbato da interventi esterni: petardi come in una festa patronale di Sicilia, palle, pop corn per nutrirsi, bambole inquietanti, teli, musiche e canzoni, scope, spade da fiera. Non c'è storia, non ci sono volutamente ricami scenici o artifici che portano alla forma-teatro più classica. All'inizio, quando ancora gli attori si riscaldano vestiti, sembra di trovarsi davanti a certe performance degli anni '70. Poi, fatti volare abiti e scarpe, comincia l'ora della girandola: i corpi si intersecano, come atomi verso l'entropia, e presto scopriamo che non ci saranno colpi di scena, ma soltanto la reiterazione di movimenti per disegnare un mondo disperante. Un pianeta delle scimmie che dovrebbe mettere a disagio, scuotere, come si conviene al teatro che non è rito conformistico, consuetudine per coscienze addormentate. Invece vien voglia di spiare l'orologio: quando finisce? Nessuno richiama gli ignudi nel paradiso che forse abitavano? Dello spettacolo, prima regia di Emma Dante per il Piccolo, si discute oggi alle 17 al chiostro Nina Vinchi in via Rovello.

A fare domande, la giornalista Natalia Aspesi.

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